Google fa piangere le bambine
19/12/2011 di Tommaso Caldarelli
Rimosso senza preavviso l’account GMail di una piccola. Il padre si arrabbia
Google non permette ad utenti sotto i 13 anni di attivare Google Accounts a meno che non siano connessi dalla loro scuola nell’ambito di un progetto Google Education; così, l’account Google della figlia di Rich Warren, che di anni ne ha 12, è stato disabilitato senza preavviso, anche in attuazione del COPPA, la normativa federale americana di protezione dei minori. Il padre, Rich, si è parecchio risentito, tanto da scrivere una lettera aperta al motore di ricerca dalla sua pagina Google+: “Grazie per aver fatto piangere mia figlia”.
LA BIMBA PIANGE – “Ho aperto questo account a mia figlia molti anni fa; lo usa per mandare mail ai nonni, agli amici e ha un blog su Blogger come progetto scolastico”, scrive il padre. “Poi, ci siamo svegliati stamattina e abbiamo trovato l’account spento”. “Capisco che Google debba rispettare la legge”, dice Rich, “ma poteva anche agire in un altro modo, in maniera più vicina agli utenti e ai bambini, ma non l’ha fatto; e ora questi contenuti sono perduti per sempre”. Il che, però, “non è necessariamente vero”, precisa il Washington Post. Infatti Google ha già attivato una pagina con tutte le informazioni per tutti gli account che sono stati chiusi per motivi di età: il motivo principale che spinge il motore di ricerca a comportarsi così è che “gli utenti mentono sull’età minima per avere l’account”. Per riavere la casella attiva basta però inviare un documento di identità valido, o effettuare una piccola transazione con una carta di credito, così da confermare la propria età. Un portavoce di Google ha così risposto alla lettera di Rich, che su G+ è diventata velocemente virale con quasi 2500 +, oltre 600 condivisioni e quasi 300 commenti.
Le nostre politiche non permettono utenti sotto l’età di 13 anni, a meno che non stiano usando una Applicazione Google Education attraverso le loro scuole. Il che è simile a molti altri servizi online. (…) Non basta il consenso dei parenti, ci sono delle normative di privacy che dobbiamo rispettare.
A proposito dei parenti, Rich ha chiamato in causa un vecchio video pubblicato da Google, chiamato Dear Sophie, in cui un genitore creava un account a sua figlia a cui inviava foto e contenuti man mano che lei cresceva, così che, quando avesse potuto accedere per conto suo, avrebbe potuto trovare il suo passato, da sfogliare. Una sorta di album, insomma.
La differenza però è che nel video si vede chiaramente che è il padre a creare ed usare l’account.