I bambini sanno, Walter Veltroni interroga il nostro futuro – RECENSIONE
14/04/2015 di Boris Sollazzo
I BAMBINI SANNO DI WALTER VELTRONI –
“Una veltronata”, si sente dire, da molti, vedendo il trailer de I bambini sanno (produzione Sky realizzata da una collaborazione Wildside-Palomar e distribuita da Bim Film) di Walter Veltroni. I massimi sistemi affidati ai bambini e a degli adolescenti, il “buonista” che li interroga su ciò che pensano, desiderano, vogliono, cercano dalla vita.
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I bambini sanno, invece, è un viaggio potente, profondo, sensibile nel nostro futuro. In una fetta della nostra società che ignoriamo – come facciamo con i più vecchi – perché per questo paese e questo mondo chi non è produttivo, semplicemente, non conta. Il cineastapoliticogiornalistaintellettualeexsindaco scopre e ci fa scoprire che nonostante abbiamo fatto a pezzi il tessuto sociale, culturale e morale di tutte le classi sociali, che pur avendo operato negli ultimi decenni un massacro generazionale, a quell’età c’è ancora qualcosa di puro, duro a morire, prezioso. Ancora non corrotto. E l’autore, qui, ha l’idea semplice ma risolutiva di mettersi alla loro altezza. Senza ipocrisie: sorride delle battute inaspettate, sussulta quando viene sorpreso. E’ un adulto, non un finto bimbo. Ma che si mette in gioco e decide di parlare con loro. E non “a loro”. Li vuole ascoltare. Vuole imparare, appunto, ciò che i bambini sanno. E che si intenerisce, come tutti noi, alle risposte geniali di Luna e della sua gemella Gaia. Così vicine e così diverse (la prima ha la sindrome di Down), capaci di aprirci uno squarcio su sentimenti che forse abbiamo persino dimenticato di saper provare. Laddove la diversità è solo differenza. In cui la debolezza di una è la forza dell’altra. E viceversa.
WALTER VELTRONI REGISTA –
Con Quando c’era Berlinguer, Veltroni ci aveva offerto un ottimo esordio, con un documentario narrativo e storico che parlava a una generazione orfana – una condizione ricorrente nella narrazione veltroniana, non solo visiva – di ciò che era e poi sarebbe potuta essere la sinistra, con la civettuola ma moderata convinzione di essere l’unico vero erede del politico sardo. Incompreso. Lo scarto, lì, era l’intuizione di un Berlinguer strozzato dal suo popolo, da ambizioni che aveva capito essere impossibili, da una sinistra bambina che non seppe, né volle crescere. E cominciò a morire al suo apice.
WALTER VELTRONI, UNO, NESSUNO E CENTOMILA –
E allora ecco che il 23 aprile ci ritroveremo in sala un piccolo gioiello, che, chissà, alcuni scherniranno. Si sa, ai “perché” dei figli si risponde spesso con noncuranza e superficialità, figuriamoci che credibilità conviene dare a dei bambini da parte di adulti assuefatti alla gerontocrazia del potere. Quello di Veltroni è un film sul ricambio generazionale radicale di cui necessitiamo. Sull’attenzione che ormai forse è necessario puntare su chi può ancora crescere in un mo(n)do diverso e possibile. Una generazione da proteggere e sostenere ancor prima dei 20enni, 30enni e 40enni traditi proprio dai coetanei del regista, dalla classe dirigente a lui coeva, incapace di guardare oltre se stessa. Perché, come dice uno di questi ragazzini irresistibili, “futuro è una bella parola”. E lo dice uno di quelli per cui forse, il domani sarà più difficile.
Ma se qualcuno lo stroncherà, non ci sarà da stupirsi. In Italia, in fondo, apprezzano i politici che vanno con le minorenni, non certo quelli che con i minorenni provano a parlarci. E che magari addirittura li ascolta, si sforza di capirli, cerca in loro domande e risposte.