Gli operai che fanno causa alla Fiom
13/05/2013 di Stefania Carboni
E’ una storia lunga anni, fatta di cassa integrazione, di speranze, di ricorsi e di amare sorprese. Ha come scenario i cancelli della Flexider di Torino, azienda che si occupa di componentistica auto, dove ora i lavoratori licenziati si trovano a fare causa contro chi li avrebbe sempre difesi sulla questione: il sindacato Fiom.
L’INIZIO DI TUTTO – E’ l’agosto del 2009. Nell’azienda metalmeccanica, con la chiusura di un reparto, vengono licenziati 25 operai. Il tutto dopo tanti mesi di cassa integrazione, periodi trascorsi stando a quanto raccontano gli operai con suggerimenti di “dimissioni”: “Fiom –Cgil ci dicevano sempre e con insistenza di andarci a licenziare e prendere 4500 euro lordi di buona uscita, in base a un accordo da loro firmato”. Stando al racconto riportato alla nostra redazione all’ultima assemblea Elvira Nobile della Fiom Cigil (“sbalordita” della linea adottata precedentemente) suggerisce ai lavoratori di non licenziarsi. Nel caso fossero arrivate cattive notizie si sarebbe fatto ricorso. E così è stato. I 25 lavoratori optano per impugnare il licenziamento. E’ l’8 settembre 2009. L’aria in fabbrica è pesante, tanto che un delegato Fiom riceve scritte pesanti sul muro spartitraffico a trenta metri dallo stabilimento. “Infame”. Tutto con vernice rossa, il suo cognome e la firma delle Br.
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LA DELUSIONE – Verso dicembre 2009 sembra che dall’ufficio vertenza ci sia qualche speranza: un tentativo di conciliazione che poi non porterà buon esito nessun risultato, ma per i primi di gennaio 2010 le pratiche dovrebbero arrivare tutte all’avvocato indicato per l’impugnazione. Da questo momento in poi partono i problemi. Agli ex dipendenti viene detto che le pratiche arrivano sul tavolo nell’aprile 2010. Quest’ultimo, a maggio, convoca tutti, viene assicurato che i ricorsi partiranno tutti entro agosto 2010. Nel mentre alla Fiom sul caso Bruno Ieraci subentra alla signora Nobile. Arriva settembre, viene comunicato ai dipendenti che ci sono stati “problemi” con i ricorsi. Passano i mesi, a novembre c’è una riunione alla Fiom di via Sagra “Dove – racconta un operaio – siamo presenti tutti i 25 i lavoratori e due funzionari e l’avvocato”. Durante l’incontro: “Ci assicurano nuovamente che i ricorsi verranno depositati entro dicembre 2010”.
PARTE LA CAUSA – Passa dicembre e si cambia anno. Nel gennaio 2011 i funzionari Fiom confermano che alcune impugnazioni sono state fatto in ritardo e che “per quei lavoratori non ci sarebbe stato più nulla da fare”. I ricorsi erano stati impugnati oltre i 60 giorni previsti dalla legge. Da qui scatta la molla e i licenziati trascinano il sindacato in tribunale, sotto la tutela degli avvocati Michele Ianniello e Alessandra Beltramo. Quest’ultima, contattata da noi di Giornalettismo, racconta l’azione legale in corso: “Noi abbiamo fatto una causa ordinaria di richiesta risarcimento danni per la perdita di istante. Imputiamo il sindacato di averci tolto la possibilità di arrivare davanti ad un giudice e verificare se il licenziamento era legittimo o meno”. Dall’altra parte della barricata il sindacato si difende, assistito dall’avvocato Alberto Manzella. Secondo loro la documentazione mostrerebbe come per 14 dipendenti già la delega al sindacato fu firmata fuori tempo massimo, rendendo di fatto impossibile presentare qualsiasi cosa. ma c’è un particolare. I lavoratori sostengono che il mandato al sindacato sia stato verbalmente dato molto prima e ci sarebbero molti testimoni in grado di confermarlo e ci sarebbero anche le trascrizioni fonografiche degli incontri avvenuti tra Fiom e dipendenti. “Si stanno difendendo – aggiunge Beltramo – contestando i termini del mandato. Mandato dato verbalmente fatto dieci giorni dopo il licenziamento con documenti firmati in una data successiva alla scadenza dei termini di impugnazione”. Il danno dei licenziati sale, anche perché non tutti si trovano ora con un pugno di mosche nella mano: “Altri lavoratori – racconta – che nella stessa situazione hanno impugnato entro i termini, hanno ottenuto il reintegro”. E’ infatti questo il paradosso. Due dei licenziati, sempre seguiti dalla Fiom, hanno portato in tempo la documentazione e hanno vinto.
COSA SI RISCHIA – Il sindacato, secondo quanto riportano alcuni quotidiani, avrebbe sperato in una soluzione concordata con i lavoratori. Valter Vergnano funzionario Fiom ha spiegato come l’errore sia (secondo il sindacato) in parte dovuto al comportamento dei lavoratori stessi. Non avrebbero conservato le buste con la data della raccomandata e avrebbero riferito una data rivelatasi errata di una quindicina di giorni. Se il sindacato però sarà colpevole, il risarcimento per i 14 lavoratori comprenderebbe tutte le mensilità (dal licenziamento del 2009 ad oggi) più il risarcimento danni. Una cifra che si aggira sugli 800 mila euro. La seconda udienza è fissata per il 19 giugno al tribunale di Torino. Rischiava di slittare più avanti ma i legali degli operai ne hanno chiesto una anticipazione (ora ottenuta). “Alla prossima udienza il giudice dovrà decidere quali prove ammettere di quelle richieste dalle parti. Non abbiamo mai avuto una proposta transattiva” precisa Beltramo. Le probabilità di riuscire per gli ex dipendenti sembrano buone anche perché non ci sarebbe altro tempo da perdere: “Circa otto di loro – racconta l’avvocato – sono ancora disoccupati ed in grave difficoltà economica”.