Ignazio Marino, tutte le ipotesi fra dimissioni e Pd lacerato
28/10/2015 di Redazione
I tam tam si susseguono, i social e le comunicazioni fremono: Ignazio Marino sta per ritirare le dimissioni da sindaco di Roma? Tutto porta a crederlo: per le 11 è convocata una riunione di giunta che dovrebbe rimandare, per incompatibilità tecniche e perplessità politiche di vario genere, il provvedimento sulla pedonalizzazione definitiva dei Fori Imperiali. In quella sede il sindaco di Roma potrebbe annunciare il ritorno sui suoi passi.
IGNAZIO MARINO, TUTTE LE IPOTESI FRA DIMISSIONI E PD LACERATO
Quali sono gli scenari che si prospettano per il Campidoglio a questo punto? Il Messaggero nella cronaca di Roma riassume la situazione: la prima scena è quella delle dimissioni di massa dei consiglieri dell’Aula Giulio Cesare; ipotesi su cui, come scrivevamo, non ci sono i numeri.
Il primo: i diciannove consiglieri del Pd firmano contestualmente le dimissioni, insieme all’unico esponente del Centro democratico. Un’ipotesi tutt’altro che pacifica: nel gruppo lo scontro è aperto, con almeno 5-6 consiglieri contrari a lasciare spontaneamente il seggio. Tutto ciò mentre monta la rivolta contro il commissario romano Matteo Orfini: «Ha sbagliato tutta la strategia – è il leitmotiv tra i dem – e ci sta mandando a sbattere». Peraltro, per causare lo scioglimento dell’assemblea i dimissionari devono essere almeno 25 e gli altri gruppi della ex maggioranza – la Lista civica per Marino e Sel – non sono disponibili a questo stratagemma. A questo punto servirebbe un accordo con parte dell’opposizione, con almeno cinque consiglieri disponibili pronti a firmare le dimissioni contestualmente ai democrat. A una prima conta sembra che i “volontari” ci siano, anche se i consiglieri potrebbero essere tentati, di fronte a una convocazione dell’assemblea fatta direttamente dal primo cittadino, di andare comunque in Aula per «godersi lo spettacolo di vedere il Pd spaccato sul diktat ricevuto: abbattere il suo sindaco». In caso di dimissioni di massa il prefetto dovrebbe nominare il commissario e si andrebbe a votare in primavera.
Il secondo scenario è quello del Partito Democratico che sfiducia con il voto della maggioranza assoluta dei componenti dell’Aula il proprio sindaco; anche qui, i numeri ballano.
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La strada maestra diventerebbe quella della mozione di sfiducia, in cui però il Pd posterebbe la foto dei suoi consiglieri che defenestrano un sindaco democrat insieme all’opposizione. Per presentarla servono i due quinti delle firme dei consiglieri, quindi il presidente dell’Aula deve convocare il consiglio comunale non prima di dieci giorni, con un allungamento dei tempi che consentirebbe a Marino il colpo di teatro di cui tanto si parla: essere in aula con fascia tricolore alla prima udienza del processo contro Mafia Capitale. Peraltro in consiglio comunale si porrebbe il problema di quale documento votare. «C’è una sola mozione di sfiducia depositata in assemblea capitolina: la nostra», sottolineano i consiglieri M5S. Ma secondo la presidenza dell’Aula l’atto sarebbe «irricevibile» perché sottoscritto solo dai quattro esponenti pentastellati, mentre servono almeno 19 firme. Oggi Fdi-An presenterà la sua mozione, con i consiglieri Fabrizio Ghera e Lavinia Mennuni e il portavoce romano Andrea De Priamo. Ma il problema resta. Sel intanto, con il capogruppo Gianluca Peciola, assicura che non voterà la sfiducia «insieme ai fascisti».
E poi c’è quello che sembra essere il vero piano di Ignazio Marino: ritirare le dimissioni e arrivare innanzitutto al processo di Mafia Capitale, il cinque novembre, con la fascia tricolore; e poi, perché no, anche a fine novembre, sfidando l’aula a mandare la città nella paralisi non approvando il bilancio cittadino.
Una terza via possibile è quella di non votare il bilancio consuntivo, che deve essere varato entro il 30 novembre. Ma si tratterebbe della strada più lunga e tortuosa: passato il termine di legge, il prefetto dovrebbe inviare una diffida a tutti i consiglieri capitolini, concedendo 20 giorni di tempo per mettersi in regola. Il commissariamento, quindi scatterebbe sotto Natale, lasciando una città priva di bilancio. Marino tutto questo lo sa bene. E punta proprio a infilarsi nelle crepe del Pd.