Il calo infinito dei consumi in Italia
07/04/2014 di Maghdi Abo Abia
Uno dei ritornelli di questo periodo è legato all’arrivo in busta paga per dieci milioni d’italiani di 80 euro al mese. Una proposta, secondo Matteo Renzi, necessaria per rilanciare i consumi e muovere il mercato interno, ormai eroso dalla crisi. Una proposta sensata ma che addirittura appare insufficiente se confrontata con lo stato reale dell’economia nostrana.
IL CALO SENZA FINE DEI CONSUMI – Si, perché dati alla mano nel nostro Paese i consumi continuano inesorabilmente a calare. Corrado Passera ieri negli studi di Servizio Pubblico aveva parlato dell’esistenza di 30 milioni d’italiani che hanno paura del futuro. E tale timore si riverbera nel mercato interno, con i cittadini che scelgono di tagliare le spese secondarie o di rimodulare quelle primarie. Il risultato è che dall’inizio della crisi ad oggi i consumi alimentari sono calati del 17 per cento. Questo dato, diffuso dal Codacons, indica come dal 2007 ad oggi si siano persi oltre 80 miliardi di euro anche a causa del raddoppio dei prezzi causato dall’Euro, dall’aumento delle tariffe locali e dalla mancata crescita degli stipendi.
AI LIVELLI DEL 1981 – Per questo si è assistito ad un calo dei consumi alimentari in quantità. Dal 2007 ad oggi, anno per anno, questi sono diminuiti rispettivamente dell”1,4, del 3,3, del 3,1, dello 0,7, dell’1,8, del 3, del 3,8 per cento. E nel 2014 le cose non andranno meglio visto che nel mese di febbraio, su base tendenziale, si è registrato un altro calo dell’1,4 per cento. Tale dato è stato confermato da Coldiretti che anzi, ritiene che la situazione attuale sia anche peggiore di quanto illustrato dal Codacons. Dai dati ripresi dall’Agi, emerge che a livello di potere d’acquisto gli italiani sono tornati al 1981. Non solo, la situazione ha portato le famiglie ad operare una spending review simile a quella del commissario Cottarelli, con effetti nefasti per tutto il mercato interno.
SI SPENDE PER IL CIBO COME NEL 1981 – Nel 2013 ogni italiano ha speso per cibo e bevande qualcosa come 1683 euro. In un anno. E solo nel 1981 si sono toccati certi livelli. Le famiglie hanno tagliato sul pesce fresco, diminuito del 20 per cento, sulla pasta, calata del 9 per cento, sul latte, tagliato dell’8 per cento, sull’olio extravergine, ridotto del 6 per cento, sull’ortofrutta con un meno tre per cento e sulla carne, ridottasi del due per cento. In calo anche merendine e gelati, rispettivamente del 3 e del 7 per cento. E lo studio degli andamenti della spesa dimostra come ci sia una crescita nell’acquisto di materie prime come per quanto riguarda le uova (+2 per cento), preparati per dolci (+6 per cento) la farina (+7 per cento), il miele (+12 per cento).
33 ANNI PER RIPRENDERSI – Questi dati sono ulteriormente arricchiti da un’analisi di Confcommercio secondo cui gli 80 miliardi di euro persi in questi sette anni rischiano di essere recuperati in 33. L’indicatore dei consumi dell’associazione ha registrato nel mese di febbraio un calo dello 0,7 per cento in termini tendenziali con una variazione nulla rispetto a gennaio. Ciò significa che siamo in una fase di stabilizzazione ma che, in assenza di miglioramenti dal punto di vista occupazionale e del reddito, non riesce a trasformarsi in una ripresa economica. Relativamente a febbraio la dinamica tendenziale riflette un calo della domanda relativa ai servizi dell’1 per cento mentre per i beni il calo è dello 0,6 per cento. Di contro, crescono le spese a favore delle comunicazioni e della mobilità, con una crescita rispettiva del 4,3 e dell’1,4 per cento.
I PERICOLI PER L’IVA – Crescono anche le spese per beni e servizi ricreativi, specificatamente dello 0,4 per cento. Un dato in controtendenza rispetto al calo registrato per alberghi e consumazioni fuori casa, (-2,1%) e per l’acquisto di beni e servizi per la casa (-1,9%). Secondo Federconsumatoei e Adusbef i dati identificano un tracollo che richiede interventi urgenti in ambito economico. E tali interventi sarebbero necessari perché al di là della paralisi del mercato interno, con meno acquisti lo Stato ottiene meno tasse dall’Iva. Ed a questo punto l’aumento dal 20 al 22 per cento sarebbe ammortizzato da una diminuzione dei consumi. E questo è ciò che ha detto Matteo Renzi, intervistato da Ballarò, ovvero che gli 80 euro in busta paga verrebbero spesi subito e lo Stato ne recupererebbe un quarto solo con l’Iva.
IN CALO ANCHE LA VENDITA DELLA BENZINA – Ma al di là dei proclami è necessario vedere un cambiamento reale perché la situazione sta precipitando. Lo dimostra anche il calo registrato nel consumo di carburante. Help Consumatori riporta un’analisi dell’associazione Codici secondo cui dall’inizio dell’anno i consumi sono diminuiti dell’1 per cento. Ciò significa che si sono risparmiati 48.000 tonnellate di carburante grazie alla decisione degli italiani di lasciare ferma l’auto e di muoversi a piedi. E 48 mila tonnellate di carburante sono milioni di euro in meno nelle casse dello Stato. Ma gli italiani non hanno di che pagare la benzina e questo giustifica la ferma delle autovetture. Perché la macchina non è più un oggetto di svago ma una necessità che viene sfruttata il meno possibile.