Il Giornale e Libero contro Claudio Abbado «fedele alla sinistra»
21/01/2014 di Redazione
Per la stampa di destra del direttore d’orchestra e senatore a vita Claudio Abbado, scomparso ieri all’età di 80 anni, vale la pena di ricordare le simpatie politiche. Il Giornale e Libero, infatti, stamane oltre a rispolverare l’opera del grande maestro ci tengono a sottolineare la sua fedeltà «ai miti della sinistra» e il suo«impegno ideologico senza tentennamenti», con particolare riferimento alla stima manifestata nei confronti di Fidel Castro e a qualche vecchio appello pro-Cuba sottoscritto.
«BACCHETTA ROSSA» – «Addio al maestro dalla bacchetta rossa» titola il quotidiano della famiglia Berlusconi in prima pagina. Poi Mario Cervi, nelle pagine interne, racconta:
Meno inevitabile era che alla musica si accompagnasse sempre non dico la politica, ma un impegno ideologico senza tentennamenti e senza ritorni. Le sue amicizie culturali erano tutte nell’ambito d’una sinistra irriducibile – Dario Fo e Maurizio Pollini tra gli altri -ma il suo talento gli valeva l’ammirazione, l’applauso, l’appoggio anche di chi alla sinistra fosse molto estraneo. Come Fedele Confalonieri.
E ancora, il Giornale ricorda la stima di Abbado nei confronti di Fidel Castro e la sua critica a Silvio Berlusconi:
Abbado tributava ammirazione alla Cuba di Fidel Castro. Pure lui maltrattato dai puristi della libertà che gli imputavano i giustiziati del paredón, del muro. Al Lider Máximo dedicò- di persona – un omaggio entusiasta quando compì – il Lider – settantatre anni. Questi cenni non devono far credere che Abbado avesse la tempra e le intolleranze del fanatico. Non fanatico ma convinto, non militante con furore ma credente con algida coerenza. Delle sue opinioni non faceva mistero neppure all’estero, e in occasioni cerimoniali. «È compatibile – disse a Tokyo citando lo scrittore tedesco Peter Schneider – che nella parte più antica e nel cuore culturale del continente europeo ci sia un uomo che controlla l’ottanta per cento dei mezzi d’informazione e che per lo più quest’uomo sia capo del governo?».
«CIECO SU CIBA» – Filippo Facci su Libero, intanto, ricorda un Abbado «cieco su Cuba»:
Nel marzo 2005 scrisse una memorabile lettera pro Cuba sul Corriere della Sera: era solo la coda di un altro appello internazionale pubblicato su El Pais e firmato da 200 fra intellettuali, politici e artisti di tutto il mondo. C’erano Nobel come Adolfo Pérez Esquivel, José Saramago, Nadine Gordimer e Rigoberta Menchu e personalità nostrane come l’ex direttrice del manifesto Luciana Castellina, oltre all’immancabile Gianni Minà e soprattutto Red Ronnie, capite bene. Abbado si accodava. Il gruppone sottoscrisse una petizione affinché l’Onu non condannasse l’isola di Fidel per violazione dei diritti umani, sottolineando che oltretutto «a Cuba non esiste un singolo caso di scomparsa, tortura o esecuzione extragiudiziaria», e poi si leggeva che «la rivoluzione ha permesso il raggiungimento di livelli di salute, educazione e cultura riconosciuti internazionalmente». Inutile dire che queste favole furono più volte e tristemente smentite dalle principali organizzazioni umanitarie: Cuba equivaleva a galera politica, centri di rieducazione, persone giustiziate solo perché cercavano di andare via, prigioni come colonie di affamati e tubercolotici che muoiono a frotte ogni anno, dissidenti scomparsi o condannati all’ergastolo, giornalisti o semplici cittadini arrestati solo per aver fornito informazioni a organizzazioni internazionali ecc.. Abbado, probabilmente, non lo sapeva. E gli «abbadiani itineranti», il gruppo dei suoi fan, facevano finta di niente.
(Fonte foto: archivio LaPresse)