Il murales magico che farà rinascere il Tevere a Roma
18/01/2014 di Stefania Carboni
«Se non ora quando?», si sono detti questo Kristin Jones, artista e fondatrice e Artistic Director del progetto e l’artista William Kentridge. Era il settembre 2012 e la rivoluzione artistica che sta per invadere oggi il Lungotevere capitolino è una opera lunga 550 metri che prenderà vita sui muraglioni compresi tra Ponte Sisto e ponte Mazzini. “Triumph and Laments” è un murales site specific ideato dall’artista sudafricano e si tratta di circa 90 figure (alte fino a nove metri) che animeranno, tra mito e passato, gli argini del fiume capitolino. Come? Attraverso la tecnica di idropulitura. Niente spray o vernici: solo il “pulito”, in perfetto contrasto con lo smog cittadino, per creare dei perfetti disegni su lunghi blocchi di pietra.
(Rendering del progetto: Immagini concesse gentilmente da Tevereterno)
IL PROGETTO – L’iniziativa nasce sotto Tevereterno Onlus, associazione che si occupa di arte e rinnovo e tutela urbana. Una “marcia” di ombre animerà i blocchi curati nei minimi dettagli. Al servizio dell’artista una squadra di storici che hanno proposto una serie di figure sulla civiltà e la società romana. Sono già state realizzate nell’area alcune prove tecniche con alcuni dei disegni di Kentridge. Le copie sono mandate anche alla Sovrintendenza, mentre si aspettano le autorizzazioni. Già, perché come spiega Tom Rankin, direttore di Teveterno: «Non abbiamo ricevuto nessuna risposta negativa dalle autorità per cui noi stiamo procedendo. Il ministro Bray ha espresso il suo interesse. L’unico rischio è che non si rilascino in tempi utili tutti i necessari permessi. Non abbiamo una scadenza specifica ma avendo fatto le prove tecniche (permesse) a dicembre stiamo andando avanti con i profili delle opere. I lavori dovrebbero partire d’estate. Sarebbe un peccato perdere questa opportunità indispensabile». Ecco qui sotto il site test fatto nei mesi passati.
guarda il video:
COMUNITÀ INTORNO AL TEVERE – Intorno al fiume di Roma si concentrano menti e saperi per poterlo valorizzare. «Noi vorremo esser il catalizzatore di un miglioramento generale. Fra i nostri partner ci sono ambientalisti, urbanisti, architetti», spiega Rankin. Non si ripristina in un senso tecnico l’opera di per sé ma si cura tutto sull’ambiente circostante puntando sulla partecipazione della cittadinanza e non solo. Tom Rankin spiega: «Abbiamo sempre lavorato coni vicini, gli istituti, le niversità. C’è una grande comunità intorno che sostiene il progetto. Carlo Verdone, che è presidente onorario di Tevereterno, è cresciuto a Ponte Sisto e ci tiene molto». L’associazione ha in programma uno “clean-up” delle sponde programmato a fine febbraio.
LA FACCIA STORTA DELLA BUITONI – Ad esprimere però perplessità sull’opera è stata Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario alla Cultura. Forse non distingue la mano di William Kentridge dai graffiti sui vagoni delle metro capitoline, sta di fatto che sul Messaggero ha posto i freni all’iniziativa: «Precisi linguaggi culturali potrebbero trovare una loro più felice collocazione in aree cittadine che sposano meglio il contemporaneo, come le periferie. Questo non significa che il ministero sia sprioristicamente chiuso verso le espressioni più moderne, ma la struttura culturale del centro storico, legata a realtà storiche chiare, dovrebbe esser riqualificata in altro modo». Non tutti però la pensano così. Il sostegno arriva sia dall’assessore alla Cultura di Roma Flavia Barca che dal suo predecessore, Umberto Croppi: «Come in altre occasioni è già successo (ricordo il divieto opposto all’istallazione di Peter Greenaway a piazza del Popolo nel ’94) è proprio quella burocrazia che avrebbe il compito di promuovere l’arte a opporre argomenti che con l’arte non hanno nulla a che vedere. Nelle motivazioni di chi sta ostacolando l’iniziativa c’è una confusione evidente tra l’opera d’arte e il decoro urbano. Ho letto perfino che prima di pensare a richiamare l’attenzione sulle rive del Tevere si dovrebbero rimuovere detriti ed immondizia, obiezione mossa da chi non dovrebbe chiedere una simile azione ma più semplicemente compierla. E se l’intervento di un’artista serve anche a questo, a richiamare l’attenzione sui rimossi della nostra città, acquista, anzi, un valore ulteriore. Non mi scandalizza il fatto che ci si possa dividere sul giudizio, anche dividere è compito dell’arte, ma mi fa rabbia questa costante abitudine a voler impedire che l’arte si esprima. Io stesso da assessore mi sono più volte scontrato con questa mentalità, per cui un’opera contemporanea vede riconosciuto il suo status all’interno di un museo ma viene negata (dalla stessa amministrazione) fuori dalle mura dell’istituzione, come una cosa oscena. Mi fa rabbia ma purtroppo non mi stupisce più. È per questo che mi auguro, e io sarò tra i primi, che ci si muova in molti per sostenere l’iniziativa e che si usi l’occasione per stabilire un criterio, quello che solo in Italia pare sconosciuto, quello che l’arte diffusa, l’arte per tutti non è un’aggressione all’ambiente ma uno dei pochi lenimenti alle nostre pene. E che ogni decisione al riguardo deve essere affidata a chi l’arte la fa e non al custode di turno». Bloccare la Città Eterna e la sua vita nero su “bianco”. Far emergere le sue ombre pulendo la patina che la ricopre da secoli. Farla correre, così come la sua storia. Kentridge punta a tutto questo. Tevereterno punta a valorizzare sponde troppo spesso dimenticate. E allora: se non ora, quando?