Il nuovo Linus in edicola da gennaio 2017 con la copertina di Zerocalcare
04/01/2017 di Gaspare Baglio
Quando si parla del nuovo Linus, anche se il giornale ha oltre 50 anni, ci si riferisce a un cult entrato nella storia e che, tra alti e bassi, tra satira e ironia, ha sempre cercato di raccontare l’Italia e il mondo. La prima rivista di fumetti, fondata nel ’65 da Giovanni Gandini, cambia nuovamente sotto la direzione di Pietro Galeotti, autore tv che, nel corso degli anni – oltre a Quelli che il calcio e il Festival di Sanremo – ha firmato e realizzato decine di programmi per RaiTre, come Che tempo che fa. Proprio lui spiega come intende procedere con il nuovo corso del periodico.
I cambiamenti più evidenti di Linus?
L’idea è quella di tornare al formato del ’65: più stretto, più basso e con la copertina rigida, quasi libresca, come quella della rivista originale. C’è tanto affetto intorno al Linus delle origini e io credo che quella prima forma ha contribuito a renderlo leggendario: ci piaceva ricominciare da lì.
E gli altri?
Arrivano Gli scarabocchi di Maicol & Mirco e ritorna lo storico calendario dei Peanuts. Il segno di Linus, sotto la mia direzione, è avere i piedi ben saldi nel passato, ma ovviamente guardare al presente e al futuro nei contenuti, nei collaboratori, nella satira, nei temi sviluppati.
Quindi a cosa tende Linus?
Visto che è la prima rivista di fumetti, vogliamo sviluppare dei ragionamenti attorno a questo mondo. Nel numero di gennaio partiamo dal graphic novel Primavere e autunni (Becco Giallo, 162 pp. € 18), che racconta la vita del secondo cinese arrivato in via Paolo Sarpi, a Milano, negli anni ’30. Dopo qualche anno si sposa con una ragazza di Cremona, anche lei trapiantata, che faceva la sartina. È il primo matrimonio misto. Da lì nasce la sua saga familiare e di imprenditore, mentre tutto intorno si sviluppa Chinatown. Oggi, la zona Paolo Sarpi è un territorio del disagio, dell’incomprensione o della diffidenza. In questo fumetto, invece, tutto nasce nel segno più limpido e facile. Una storia fantastica da cui siamo partiti per parlare di integrazione e approfondire la Chinatown di oggi, con le sua criticità e le sue opportunità. Questo è il lavoro che voglio fare con Linus: partire dal fumetto e allargarci alla realtà. Perché i fumetti parlano della realtà.
Linus, nel passato, ospitò anche le prime storie dei Fantastici Quattro. Pensa che ora non ci sia più spazio per fumetti del genere?
Il fumetto, anche quando è pop, è molto trasversale. Linus si è sempre distinto per il contenuto sociale, politico, corrosivo, politico, ma alla fine ci sono i Peanuts, il prodotto pop per eccellenza. Nella rivista ci potrebbe stare tutto, ma mi sembra che lo stato dell’arte del fumetto spinga verso altre direzioni. Le nuove generazioni danno segni più abrasivi, meno rilassanti. Quindi anche noi ci adegueremo con una quota di passato e uno sguardo al presente. Gli scarabocchi di Maicol & Mirco sono rappresentativi: con un segno grafico quasi basico, testi forti, battute molto divertenti e temi alti.
C’è qualche fumettista che le piacerebbe portare su Linus?
A parte Zerocalcare, che ha fatto la copertina di questo mese, mi ricordo di Beetle Bailey di Mort Walker. Si tratta di strisce divertentissime su un microcosmo militare, come può essere l’ambiente di una caserma, con una varietà e qualità di tipologie umane straordinarie. Linus lo ha pubblicato per anni, ma mi piacerebbe trovare una cosa simile.