Immigrati Über Alles

14/06/2012 di Andrea Mollica

FIGURINE DI SUCCESSO – Mesut Özil è la stella della Nazionale tedesca. Colonna del Real Madrid di Josè Mourinho, centrocampista tra i più bravi d’Europa per classe e tecnica, Özil è il volto simbolo della Germania giovane, brillante e multietnica che domina l’Europa, nel calcio e no solo. Il calciatore è nato nel 1988 a Gelsenkirchen, una delle zone più industriali del paese. Suo padre si chiama Mustafa, ed aveva due anni quando era arrivato con i nonni di Mesut nell’area della Ruhr, una delle tante famiglie turche che hanno cercato fortuna durante il boom economico tedesco. La classe di Özil si è palesata fin dalla più tenera età, ed aveva attirato anche l’attenzione della patria natale della sua famiglia, la Turchia. La lotta tra le due federazioni calcistiche si è però risolta subito in favore di quella tedesca grazie all’intervento di papà Miustafa, che ha consigliato il figlio di giocare per la Nationalmannschaft. “Sono arrivato in Germania ad due anni, vico e lavoro qui da più di quarant’anni. Tutti i nostri figli sono nati qui, io stesso ho passaporto tedesco. Non avrebbe senso per Mesut giocare per un’altra Nazione”. E nel 2007, a neanche 19 anni, Özil ha deciso di giocare per la squadra tedesca, portando un contributo decisivo per i successi del calcio teutonico. Se il calciatore del Real Madrid è il simbolo dell’immigrazione turca, Mario Gòmez invece rappresenta tutti quei giovani tedeschi le cui famiglie hanno origini nell’Europa meridionale. Come ricordato in precedenza, negli anni cinquanta tantissimi europei del Sud – italiani, greci, spagnoli, portoghesi – si misero in viaggio verso la Nazione che offriva le maggiori possibilità di lavoro. I nonni del cannoniere del Bayern Monaco sono spagnoli, e sono arrivati come tanti altri connazionali nel dopoguerra. Hanno preso casa e trovato lavoro in una delle regioni più industriali della Germania, il Baden-Württemberg. Nella città di Riedlingen il padre di Mario ha fondato un’azienda, e che quando i nonni del suo bimbo futura stella del calcio hanno deciso di tornare in Spagna per la pensione, ha preferito rimanere in Germania. La mamma del calciatore è tedesca, e così Gòmez è diventato subito cittadino del paese dove era nato, e dove ha iniziato una carriera che l’ha portato ai vertici del football europeo. Nel paese di origine della sua famiglia, Albuñán, ora c’è una strada dedicata a Mario Gòmez.

SPECCHIO DELLA SOCIETA’ – I successi della nazionale tedesca sono diventati una consuetudine nelle ultime competizioni calcistiche. Da quando la Germania è diventata multietnica anche nell’amatissimo Fußball, a partire dai Mondiali del 2006, la squadra teutonica è sempre arrivata ai primi posti del calcio mondiale. Terzo posto nei Mondiali di casa sopracitati, secondi agli Europei del 2008, ancora sull’ultimo gradino del podio nell’ultima Coppa del Mondo organizzata dalla Fifa. Successi che portano la firma dei giocatori di origine straniera che hanno fatto grande la Mannschaft, come Klose, Podolski, Özil e Mario Gòmez. In questo senso la squadra tedesca sembra ripercorrere la traiettoria dell’équipe francese di Zidane e Thuram, quando la Nazionale dei galletti diventò la più forte squadra del mondo grazie all’apporto dei figli dell’immigrazione. A differenza che in Francia però non c’è nessun politico come Le Pen che critica il carattere multietnico del team tedesco. “I successi del nostro calcio dimostrano che l’esempio francese può essere imitato. E’ davvero bello, che l’integrazione delle diverse culture produce effetti positivi non solo socialmente, ma anche sportivamente. Questo è il modello della Germania”, come ha spiegato il team manager Oliver Bierhoff. Anche il presidente della federcalcio tedesca Theo Zwanziger ha spesso rimarcato quanto conti l’integrazione per le vittorie che la Germania conquista sul campo. “Nella nostra squadra ci sono molti giocatori che hanno origini familiari legate all’immigrazione. Che tutti loro perseguano un grande obiettivo comune, e formino un quadro unitario, è un segno dell’integrazione. Ecco perchè dal 2007 la Dfb, la federazione calcistica tedesca, organizza un premio per l’integrazione che ha come motto ” Fußball: viele Kulturen – eine Leidenschaft” ovvero il calcio, molte culture, un’unica passione. Il fatto che persone di pelle e cultura diverse siano insieme e mostrino la loro superiorità sportiva è la migliore risposta anche a quei tifosi, che seppure minoranza estrema, ancora sfoggiano bandiere con la svastica e saluti romani ogni volta che suona l’inno tedesco prima delle partite internazionali. Questi vessilli vengono subito rimossi dagli organizzatori degli eventi pubblici, perchè la Germania ha imparato, anche grazie agli errori del suo passato, che la diversità è una ricchezza, in ogni ambito della vita. La sua economia è cresciuta grazie agli immigrati, e ora i figli di quell’onda umana che ha reso grande il paese sulla scena economica mondiale fanno vincere sui campi la squadra della loro nuovo terra. Un esempio per un’Europa in crisi.

 

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