Inps: “reddito minimo garantito di 500 euro per gli over 55”
05/11/2015 di Redazione
L’Inps lancia una proposta che potrebbe rivoluzionare il sistema pensionistico italiano. Tagliare le pensioni d’oro e i vitalizi per aiutare chi ha più di 55 anni e non ha maturato il diritto alla pensione con l’istituzione di un «reddito minimo garantito» mensile pari a 500 euro nel 2015 e 400 euro nel 2016 e 2017 per le famiglie con almeno un componente ultracinquantacinquenne. I soldi arriverebbero da una rimodulazione delle prestazioni assistenziali più elevate, le cosiddette “pensioni d’oro”. Secondo fonti del Ministero del Lavoro la proposta è “un contributo utile al dibattito” ma “al momento si è deciso di rinviare perché contiene misure che mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati, con costi sociali non indifferenti e non equi”. Le risorse ancora non ci sono.
INPS, IL “SOSTEGNO D’INCLUSIONE ATTIVA”
La proposta, definita «sostegno di inclusione attiva», è contenuta nel documento consegnato al governo nel Giugno 2015 chiamato “Non per cassa ma per equità” reso disponibile sul sito dell’Inps. Il testo definisce la posizione Inps sul tema delle pensioni. Nello specifico, il denaro per garantire il reddito minimo garantito verrebbe preso da “contributi di solidarietà” su 250.000 pensioni d’oro e 4.000 percettori di vitalizi fino al raggiungimento di 1,2 miliardi di euro. “Ci sono costi limitati a carico di circa 230.000 famiglie ad alto reddito (appartenenti perlopiù al 10% della popolazione con redditi più alti), che si vedono ridurre trasferimenti assistenziali loro destinati in virtù di una cattiva selettività degli strumenti esistenti”.
INPS, COME CAMBIANO LE PENSIONI
“Tra i potenziali perdenti -continua l’Inps- anche circa 250.000 percettori di pensioni elevate, legate in gran parte all’appartenenza a gestioni speciali, e non giustificate dai contributi versati durante l’intero arco della vita lavorativa, oltre che più di 4.000 percettori di vitalizi per cariche elettive. Infine, i lavoratori con lunghe anzianità contributive (ma che hanno iniziato a lavorare dopo il compimento del diciottesimo anno d’età) che decidessero di accedere a pensioni anticipate, si vedrebbero applicare una riduzione di queste prestazioni che può arrivare fino al 10%. Si tratta di una platea di circa 30.000 persone all’anno e in via di riduzione. Da valutare peraltro se la presenza di correzioni attuariali renda non più necessaria l’indicizzazione alla speranza di vita dei requisiti contributivi per l’accesso alle pensioni anticipate (ad esempio congelando i requisiti a 43 anni per gli uomini e 42 anni per le donne). Infine non rende più possibile per i dirigenti sindacali applicare alla contribuzione aggiuntiva le regole di calcolo più vantaggiose presenti per la gestione pubblica fino al 1992”.
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INPS, IL RICALCOLO CON SISTEMA CONTRIBUTIVO
La seconda parte del testo armonizza i trattamenti prevedendo un contributo equo per i redditi oltre i 5,000 euro mensili attraverso un ricalcolo con sistema contributivo, ricalcolo che partirebbe gradualmente da un reddito minimo di 3,500 euro. Tali risparmi servirebbero a consentire l’uscita anticipata dal sistema previdenziale con penalizzazioni che però non potrebbero essere consentite per trattamenti al di sotto della soglia delle tre volte il minimo. La scelta del limite dei 55 anni non è casuale. La proposta dell’Inps riguarda una fascia d’età la cui povertà è aumentata proporzionalmente di più rispetto alle altre classi di età durante la Grande Recessione e la crisi del debito nell’area Euro. Le persone povere disoccupate con più di 55 anni risultano più che triplicate nell’arco di sei anni. Il progetto prevede che venga inclusa anche la famiglia come definito ai fini Isee, per cui un 55enne beneficerebbe del trattamento così come eventuali figli disoccupati. La casa di proprietà rappresenta una penalizzazione mentre l’assegno presuppone un re-inserimento nel mondo del lavoro.
INPS, LE REAZIONI DELLA POLITICA
Le reazioni politiche non sembrano positive. Stefano Fassina, ex Pd ripreso dal Corriere della Sera, attacca l’istituto presieduto da Tito Boeri: «Credo che il presidente dell’Inps debba ricordare quale sia il suo ruolo. Oppure si faccia nominare ministro del Lavoro e coerentemente faccia le proposte che ritiene». Negativo anche Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, ripreso da Repubblica, che ha invitato l’Inps “a fare il suo lavoro, che non è proporre leggi”. Palazzo Chigi invece conferma che la diffusione della proposta era concordata con l’istituto.
(Photocredit copertina ANSA/CLAUDIO PERI)