Non ci meritiamo un Parlamento come questo. E certi parlamentari.
02/10/2015 di Stefania Carboni
Ieri una bestemmia dell’assessore ai trasporti Stefano Esposito in aula Giulio Cesare, oggi un gesto (a detta dei presenti estremamente volgare) contro una senatrice del Movimento 5 Stelle a Palazzo Madama.
Particolari raccappriccianti sul verdiniano Barani e sui suo presunto gesto scurrile a una deputata M5S: si sarebbe indicato la faccia
— Luca Bottura (@bravimabasta) 2 Ottobre 2015
La mortadella da affettare, con sui un Senatore di destra salutò la fine del governo Prodi, sembra quasi un gesto da chierichetti. Questa classe politica è connotata di insulti sessisti, razzisti, buffonate. Più o meno è così da diverse legislature. Si sollevano le polemiche e poi rimane tutto così come è: fino alla prossima cavolata. Gesti che farebbero tanto folklore se non fossero fatti da persone che ci rappresentano. Che abbiamo scelto. E che paghiamo.
Ha fatto più ostruzionismo il gestaccio di Barani che decine di milioni di emendamenti. #opensenato — Lorenzo Battista (@lor_bat) 2 Ottobre 2015
Il verdiniano D’Anna difende il collega Barani: “Il suo è stato un fallo di reazione”. #lavoltabuona #opensenato
— Claudio Paudice (@clapaudice) 2 Ottobre 2015
Per entrare a Palazzo Madama e Montecitorio si deve indossare una giacca. Al Senato è d’obbligo la cravatta. Ma a cosa servono i vestiti adatti se dalla bocca e dalle mani di queste persone esce “la meglio volgarità” d’Italia?
Il 29 marzo del 1953 a Palazzo Madama si votava in via definitiva la legge elettorale conosciuta meglio come «legge-truffa». Ci fu talmente bagarre che gli stenografi alzarono i tacchi e scapparono lasciando i loro strumenti come “armi di guerra”. I cronisti sugli spalti documentarono tutti i particolari del caos, le urla di Pertini incluse. E meno male che c’erano loro. Non esistono resoconti dettagliati di tutti gli insulti fatti.
Era la prima legislatura. Quella più lunga.
Ci doveva esser una evoluzione no? E invece non abbiamo imparato niente, probabilmente stiamo scavando. Forse perché loro sono il nostro specchio. Forse perché anche noi non ci scandalizziamo più se una donna viene presa di mira per gestacci o se una persona – durante una discussione – mima gesti offensivi al suo interlocutore. Non ci scandalizza la violenza. L’abbiamo trasportata dalle bettole di paese agli scranni più alti del Paese. La giustifichiamo ogni giorno, la scarichiamo sui commenti sotto foto-denuncia, la tolleriamo.
Sbagliamo.
Sbagliamo noi, sbagliano loro. «È successo qualcosa di eccessivo rispetto alla civile convivenza», ha commentato Pietro Grasso prima di convocare l’ufficio di presidenza sul nuovo caso.
È successo. Di nuovo. Impariamo a non tollerarlo.
(In copertina Champagne per Prodi, Senato 24 gennaio 2008)