TFF34: Elisabetta Sgarbi e le sue navi
07/12/2016 di Alessandro De Simone
INTERVISTA ELISABETTA SGARBI
Parlare con Elisabetta Sgarbi è un piacere. Prima di tutto perché è una studiosa di straordinaria cultura, e questo lo ha sempre dimostrato con i suoi scritti e i suoi film, questi ultimi opere ibride e concettuali che raccontano l’arte come pochi riescono a fare in questa commistione crossmediale. E poi perché è una donna coraggiosa, come ha dimostrato un anno fa sfidando il nuovo colosso dell’editoria italiana creatosi con la fusione tra Mondadori e Rizzoli. Dopo avere lasciato la direzione editoriale di Bompiani, infatti, ha fondato La Nave di Teseo, casa editrice indipendente a cui si sono trasferiti con entusiasmo molti dei suoi autori, Umberto Eco in testa, poche settimane prima della sua morte. E dopo un anno, come lei stessa ha detto al microfono di Boris Sollazzo, la scommessa si sta rivelando vincente.
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Ne La lingua dei furfanti: Romanino in Val Canonica, presente nella sezione Festa Mobile, Elisabetta Sgarbi compone in un unico film il ciclo di affreschi che Romanino realizzò, tra il 1532 e il 1541, a Pisogne, a Breno, a Bienno, in val Camonica. La regista prende sul serio lo scambio di vita e forma che sprigiona l’energia degli affreschi di Romanino: torna tra le case e tra la gente di quei borghi che anche il pittore doveva aver osservato a lungo e, infine, ritratto; li rimette all’opera e li tratta come pittura, per dare nuova vita alla pittura già impetuosa di Romanino.
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Cinema d’arte, di storia, ma anche di territorio, una forma preziosa che esalta in unico oggetto molte delle bellezze del nostro paese, a partire dalla sua creatività attraverso i secoli, un elemento che per fortuna non si è mai perso, nonostante i mille e mille cambiamenti e sconvolgimenti che abbiamo visto nel nostro Stivale, fino ai più recenti.