Investire in banca, a cosa stare attenti
11/12/2015 di Redazione
Prima di sottoscrivere un investimento in banca è opportuno ottenere tutte le informazioni sul rischio al quale si va incontro. Fortunatamente riuscirci non è impossibile, perché i risparmiatori hanno validi strumenti per tutelarsi. In primo luogo i clienti dell’istituto di credito devono tener conto di un particolare questionario. Il Corriere della Sera oggi ricorda di cosa si tratta e a cosa serve:
La Mifid (Markets in Financial Instruments Directive) è il complesso delle norme europee che regolano i rapporti tra intermediari e clienti le cui indicazioni sono state recepite dall’Italia nel 2007. L’obiettivo del questionario che viene presentato ai risparmiatori quando decidono di fare un investimento è di aiutarli a fare la scelta giusta in relazione al proprio grado di esperienza finanziaria, conoscenza dei mercati, propensione al rischio. Talvolta infatti sono gli investitori stessi a non avere ben chiaro il limite della perdita massima che sono disposti a sopportare, magari perché abbagliati dalla possibilità di ottenere un rendimento elevato. La banca o il promotore finanziario sono quindi tenuti a verificare che la consulenza fornita corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente al quale è rivolta e che sia adeguata alle sue risorse patrimoniali.
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Il Corriere spiega anche perché l’importanza del questionario non va sottovalutata. Le domande sono il primo baluardo per evitare delle spiacevoli sorprese:
Le scelte di investimento devono essere consapevoli. Non tutti hanno conoscenze specifiche, ma tutti possono pretendere (sì, pretendere) di ottenere da chi li assiste il massimo della chiarezza. Il fatto, per esempio, che io non sappia che cosa è un’azione, automaticamente (secondo i modelli utilizzati dalle banche) mi mette nella categoria di chi non può investire in strumenti rischiosi. Liquidare la pratica del questionario Mifid come un passaggio burocratico è dunque sbagliato.
Per quanto concerne infine le obbligazioni subordinate va considerato che esse, in caso di difficoltà delle banche, equivalgono ad un capitale di rischio:
I risparmiatori che hanno sottoscritto in passato i prestiti subordinati delle banche avrebbero dovuto essere consapevoli dei rischi che correvano. Ma è anche vero che nella pratica non era mai accaduto che questa categoria di emissioni venisse chiamata a ripianare le perdite della banca. Adesso questi titoli in caso di grave difficoltà della banca sono considerati alla stregua del capitale di rischio (le azioni) e possono di conseguenza vedere ridotto o azzerato il valore nominale di rimborso. Nella nuova suddivisione i prestiti bancari subordinati si distinguono in obbligazioni Additional tier 1 (AT1) e Tier2.
(Foto di copertina: FRANCO SILVI / ANSA)