Irene, morire a 30 anni senza poter scegliere: ecco perché il biotestamento non basta | VIDEO
18/12/2017 di Redazione
Nonostante la legge sul biotestamento sia stata portata a casa, l’Italia resta un Paese che ha tanta strada da fare per assicurare tutti i diritti ai malati terminali. Il caso di Irene ci mostra come la battaglia per l’eutanasia legale abbia ancora senso. La storia della ragazza di 30 anni, morta ad agosto per un tumore ai polmoni diagnosticato nel 2015, ci mostra quanto sia importante per le persone che stanno affrontando un percorso di sofferenza poter decidere in che modo terminarlo.
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IRENE EUTANASIA LEGALE, LA SUA STORIA
In un video molto forte, girato per il portale eutanasialegale.it, che ha lanciato la campagna «Per vivere liberi, fino alla fine» proposta dall’Associazione Luca Coscioni, il marito di Irene ha raccontato il calvario di una solare trentenne, la cui malattia non le ha impedito di realizzare i propri sogni. Il tutto fino a quando il dolore è diventato insopportabile, limitandola in tutto, anche nelle funzioni vitali più elementari.
L’appello del marito è straziante: «Illustri rappresentanti del popolo italiano, a 30 si può continuare a vivere sapendo che la morte è vicina?». Inizia così il video di due minuti che mette in sequenza una serie di fotografie di Irene e che mostrano la sua trasformazione dovuta alla malattia che per due anni non le ha lasciato scampo.
IRENE EUTANASIA LEGALE, COME HA AFFRONTATO LA MALATTIA
«Irene ha scoperto la sua malattia nel 2015, poco dopo aver trovato il lavoro dei suoi sogni in un canile di Roma – racconta il marito -: un carcinoma al quarto grado che aveva già interessato i linfonodi e le ossa in giro per il corpo».
Il marito riporta, in una sorta di drammatico elenco, tutti i problemi fisici che Irene ha dovuto affrontare in questi due anni: una metastasi allo sterno, alla spalla, al ginocchio, al bacino, al surrene, i problemi derivati dai cicli di chemioterapia, di immunoterapia e di radioterapia, le infiammazioni, le infezioni, le emorragie e la perforazione di un bronco.
IRENE EUTANASIA LEGALE, UNA INUTILE CORSA CONTRO IL TEMPO
«Tutto ciò non le ha impedito di viaggiare, di incontrare le amiche, di adottare un cane – prosegue il marito – di sposare me. Ma quando la sua malattia è arrivata al limite, ha chiesto di avviare le pratiche per l’aiuto medico alla morte volontaria in una clinica svizzera». Per fare ciò, ha chiesto anche l’aiuto di Marco Cappato. Il tutto invano, perché le pratiche burocratiche si sono rivelate lunghissime e non ce l’ha fatta: la ragazza è morta nel mese di agosto, con il terrore che la bombola d’ossigeno alla quale era attaccata potesse finire all’improvviso, con la paura che il mostro che si era impossessato di lei potesse crescere sempre di più, privandola della sua dignità.
«Conquistato il testamento biologico, l’obiettivo ora è il raggiungimento di una legge sul fine vita che consenta la libertà di scelta anche a chi, come Irene, come Fabo, come Dominique Velati, come Davide Trentini, desidera interrompere una condizione di irreversibile sofferenza – fanno sapere dall’Associazione Luca Coscioni -. Sarà possibile solo con la legalizzazione dell’eutanasia. La campagna per vivere #LiberiFinoAllaFine continua con il consiglio generale Associazione Coscioni del 20 dicembre a Roma, il giorno dell’11esimo anniversario anni dopo Welby».