Cosa c’è nei giornali di propaganda dell’Isis
22/11/2015 di Valentina Spotti
Dopo gli attacchi di Parigi dello scorso 13 novembre, l’ISIS ha colonizzato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Non soltanto per via delle rivendicazioni negli attentati arrivate subito dopo le stragi, ma anche per la necessitò di conoscere in modo più approfondito l’organizzazione del sedicente Stato Islamico, e il modo in cui esso comunica con le sue cellule e recluta nuovi affiliati. Sappiamo che l’ISIS ha un fortissimo apparato comunicativo: il Califfato di al-Baghdadi si fa strada non soltanto attraverso i numerosi video di minaccia o rivendicazioni che hanno seminato l’orrore nel mondo, ma anche attraverso riviste e pubblicazioni che circolano dentro e fuori i confini del cosiddetto Islamic State.
DABIQ, LA RIVISTA DI PROPAGANDA DELL’ISIS –
Robert Evans di Cracked.com ha analizzato i contenuti di Dabiq, la principale rivista dell’ISIS, un magazine stampato a colori, su carta patinata, corredato da articoli e foto che celebrano i martiri della Jihad e la lotta agli infedeli anche attraverso fotomontaggi piuttosto accurati, come ad esempio la bandiera dell’ISIS che sventola sul Vaticano: Scrive Evans:
Ogni numero di Dabiq è sulle 60-80 pagine, tutte a colori, tutte curate in modo da rendere evidente una certa esperienza con i programmi di grafica. Gli articoli sono densi di versetti di vari testi sacri, riportati in modo da avvalorare la tesi dell’Islam come religione della guerra e non della pace.
Le copertine di Dabiq [FOTO]:
«SU DABIQ I MARTIRI DIVENTANO CELEBRITÀ» –
Non solo, come fa notare ancora Evans, su Dabiq trovano ampio spazio anche le “celebrità” dell’ISIS, gli attentatori che «si sono sacrificati» nel nome della lotta agli infedeli. È il caso di Abdelhamid Abaaoud, 28enne di cittadinanza belga, considerato la “mente” degli attacchi di Parigi del 13 novembre e poi morto durante il blitz della polizia a Saint Denis:
La maggior parte degli articoli cominciano con due o tre paragrafi in cui si dice che «tutto questo è avvenuto soltanto per volere di Dio» e invita a «pregare Allah per garantirci la vittoria» e via dicendo, ma ci sono anche articoli di John Cantlie, giornalista britannico prigioniero dell’ISIS dal 2012. Si tratta di articoli quantomeno “strani”. Gli articoli di Cantlie sono stati chiaramente rimaneggiati qua e là, ma le sue parole rabbiose contro le politiche estere di Regno Unito e Stati Uniti sembrano essere genuine. Chi può dirlo, comunque? Cantlie inneggia alla leaderhip dello Stato Islamico, ma spesso si riferisce alle azioni dei miliziani come ad atti terroristici, senza che le sue parole subiscono alcuna censura. A quanto pare, l’IIS è felice di pubblicare i discorsi arrabbiati dei politici americani, per permettere ai lettori delle proprie riviste di studiarli.
DABIQ E LO HIJRAH: «UNISCITI ALL’ISIS» –
E poi c’è l’immancabile retorica:
“Crociati” è il termine con cui si riferisce a qualsiasi persona occidentale, militare, civile, politico, indipendentemente dalla nazionalità o dal partito politico. Obama e John McCain sono entrambi “Crociati”. Un’altra parola molto utilizzata è “Hijrah” che, in sostanza, incarna il concetto di “impacchetta tutte le tue cose e vieni a unirti allo Stato Islamico”. Ogni numero di Dabiq sottolinea più volte come l’ISIS consideri lo Hijrah come una sorta di dovere per tutti i musulmani che non vogliono essere considerati apostati.
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