Gentiloni: «Italia in prima linea, ma sbagliato parlare di guerra»
16/11/2015 di Redazione
Per il ministro degli esteri Paolo Gentiloni è «sbagliato parlare di guerra» ed entrare in “un dinamica di conflitto“, pur combattendo in modo militare Daesh, il sedicente stato islamico. Lo ha spiegato al quotidiano “La Repubblica“, rivendicando come il nostro Paese sia «in prima linea nel contrasto all’Is, soprattutto in Iraq. Ma l’importante è reagire a queste azioni di guerra senza sentirsi in guerra anche noi. Sarebbe il regalo più grande che possiamo fare ai terroristi».
GENTILONI: «SBAGLIATO PARLARE DI GUERRA» –
Secondo Gentiloni non è soltanto una questione “semantica”, né significa far finta di nulla:
«Assolutamente no e l’impegno italiano lo dimostra ampiamente. In Iraq, subito dietro gli americani e l’Iran, siamo il Paese più attivo e presente della coalizione. Lavoriamo su due fronti: fornendo armi e addestramento ai 7 mila peshmerga e, nel governatorato di Anbar, collaborando con le forze irachene regolari. Non voglio dire che sia merito dell’Italia, delle nostre armi e dei nostri addestratori, ma i peshmerga hanno riconquistato il Sinjar e esercitano il controllo sulla strada che porta da Mosul a Raqqa che nell’immaginario del cosiddetto Califfato sono le loro capitali, una in Iraq e l’altra in Siria. Vuol dire che sul piano del contrasto militare stiamo ottenendo dei risultati». E ancora: «Un Paese che si sente in guerra è un Paese che deve rinunciare a una parte di sé, dovrebbe chiudere subito Schengen per esempio. Ora è più utile invece affrontare questa emergenza assoluta tutti uniti, con una collaborazione delle forze politiche. Non serve coltivare le paure e non serve alimentare le polemiche».
GENTILONI E I RISCHI PER L’ITALIA –
Gentiloni spiega come «non esista un Paese immune dalle minacce dell’Isis», quindi serve «come tutti i Paesi europei e i Paesi arabi, tenere alto il livello di sicurezza». Di fronte ai timori per l’imminente Giubileo della misericordia, però, il ministro degli Esteri ha cercato di allontanare rischi aggiuntivi:
«Non credo che in sé il Giubileo rappresenti un maggior elemento di allarme. Daesh fa riferimento a Roma in modo simbolico, ricordando le crociate, più che con l’intenzione di esprimere minacce precise».
In merito ai prossimi passi della comunità internazionale, Gentiloni ha precisato come l’impressione è che gli Usa vogliano «avvicinarsi a Raqqa sfruttando il momento di difficoltà dell’Isis. Sul terreno di Siria e Kurdistan c’è e funziona quello che loro vogliono chiamare il coordinamento tecnico con i russi».
GENTILONI E IL NODO ASSAD IN SIRIA –
Resta anche il nodo Assad in Siria. Per risolverlo, Gentiloni spiega come per l’Italia sia necessario un coinvolgimento della Russia:
«Bisogna affidarsi al contributo determinante della Russia per un’uscita di scena di Assad. Non mi stupirei di un’intensificazione dell’azione militare in Iraq e in Siria. Ma se è vero che siamo in prima linea nel contrasto all’Isis soprattutto in Iraq, per quanto riguarda la Siria l’Italia punta in particolare a una soluzione diplomatica. Mi sembra che il dialogo tra la Russia e gli Stati Uniti possa andare in questa direzione».