Jozef Wesołowski, il dubbio sulla morte del vescovo pedofilo: si è avvelenato?
04/09/2015 di Redazione
Incongruenze, dubbi e speculazioni avvolgono la morte improvvisa di Jozef Wesołowski, vescovo polacco accusato di pedofilia, ex nunzio apostolico ed una delle persone più vicine al segretario personale di Papa Wojtyla, il cardinale Stanisław Dziwisz. Ne parla oggi Il Messaggero:
È dal giorno del suo funerale, avvenuto lunedì scorso nella cappella del Governatorato, che al di là del piccolo Stato pontificio, non si fa che parlare d’altro. «Ho sentito dire che si è avvelenato». Ad aprire uno squarcio sui fatti è Gianfranco Svidercoschi, scrittore, già vice direttore dell’Osservatore Romano, buon amico di Stanislao che, ieri, ha affidato le sue pesanti riflessioni all’agenzia cattolica Aleteia: «Raccontano che ad un certo momento, proprio per l’impossibilità di spiegare come fossero andate le cose, monsignor Wesolowski avesse pensato al suicidio, e che solo per la fede non fosse arrivato al punto estremo. Ma come era possibile che avesse dentro un barlume di fede, uno che aveva scelto di seguire Cristo e poi lo aveva tradito nella maniera più orrenda?» L’autopsia predisposta dal magistrato parla solo di cause naturali, un infarto, senza aggiungere altro. Wesolowski era uno che beveva molto, faceva uso di tranquillanti. Ad alimentare il giallo spunta anche l’esistenza di una memoria difensiva che forse potrebbe togliere il sonno a parecchie persone al di là del Tevere. I magistrati lo hanno interrogato per due volte, e per due volte lui è stato zitto.
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Si dice che prima della morte Wesolowski si era messo a lavorare alla memoria difensiva, di cui nessuno conosce il contenuto e che, chissà, potrebbe contenere informazioni e far luce sulla cosiddetta lobby gay emersa dall’inchiesta Vatileaks. Chiede Svidercoschi:
«Visto che molto probabilmente ci sarà una memoria difensiva che Wesolowski aveva preparato per il processo, perché il Vaticano non la rende pubblica? Perché non permettere all’ex nunzio di potere raccontare da morto ciò che in vita non era riuscito a fare pubblicamente? Sarebbe un atto di giustizia per le vittime, anzitutto, ma sarebbe anche un atto di giustizia per un uomo che ha lasciato questa vita con addosso la maschera di mostro, di carnefice. Non sarebbe giusto sapere di più?».
(Foto di copertina da archivio Ansa. Credit: El Tiempo / GDA / ZUMA Wire)