JUVENTUS-NAPOLI, i precedenti nella Supercoppa Italiana
22/12/2014 di Boris Sollazzo
Juventus-Napoli potremmo definirla una “bella”. Già, quella tra bianconeri e azzurri è la terza sfida in Supercoppa Italiana, dopo quella dell’estate del 1990 al San Paolo – in quel periodo il regolamento prevedeva ancora che la gara unica che assegnava il trofeo si giocasse in casa dei campioni d’Italia – e quella dell’agosto del 2012 nello stadio nazionale di Pechino. Una vittoria ciascuno: quasi un quarto di secolo fa il Napoli di Maradona schiantò la Juventus 5-1, mentre solo due anni e mezzo fa la squadra allora allenata da Antonio Conte ebbe ragione dei ragazzi di Mazzarri dopo un contestatissimo 4-2, in un incontro durato 120 minuti.
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NAPOLI-JUVENTUS 5-1, L’ULTIMO TRIONFO DI MARADONA- San Paolo gremito, è l’estate del 1990. La ferita del mondiale di casa perso dai ragazzi di Vicini proprio su quel campo poche settimane prima, contro l’Argentina del Pibe de Oro in semifinale, aleggia ancora sugli spalti. Diego Armando, dopo la delusione dell’Olimpico di Roma – finale persa per un rigore grottesco a favore della Germania e inno del suo paese fischiato incivilmente dal pubblico capitolino – vuole vincere ancora con il suo Napoli campione d’Italia uscente. Il pubblico lo acclama, lui risponde con giocate sopraffine. Quel primo settembre 1990 vede l’esordio in azzurro di Andrea Silenzi, centravanti proveniente dalla Reggiana, capocannoniere in Serie B l’anno prima con 23 gol. Sette miliardi il prezzo, parte subito titolare contro la regina di coppe bianconera (con Zoff in panchina ha vinto, l’anno prima, Coppa Uefa e Coppa Italia). Ed è lui ad annichilire la Juventus di Maifredi, grazie a un inizio folgorante del giocatore più forte della storia del calcio che mette sui piedi dei compagni varie occasioni. Segna il primo gol dopo otto minuti, il bomber spilungone e capellone: percussione di Careca che davanti al portiere, cadendo, gli dà palla a porta vuota. La deve solo spingere dentro.
Dopo una dozzina di minuti in mezzo ai quali Dieguito si produce in una serpentina ubriacante con pallonetto delizioso che si spegne a un centimetro dal palo alla sinistra di Stefano Tacconi, ecco che i due si scambiano il favore. Azione corale che parte da Baroni nell’area napoletana e arriva fino a Silenzi che di esterno crossa rasoterra da sinistra e mette fuori gioco il portiere juventino: Careca, a porta vuota, mette dentro il 2-0.
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Il Napoli di Bigon domina, la Juventus arranca. Ma è un altro esordiente, Roberto Baggio, a riaprire la partita. Punizione dal limite, alla sua prima partita con la maglia a strisce: non la solita foglia morta ma un siluro a incrociare, 2-1. Ma serve solo a scatenare i partenopei, negli ultimi due minuti della prima frazione ci sono i fuochi d’artificio: Massimo Crippa riceve una palla d’oro dall’amico fraterno Maradona e di potenza e tecnica aggira la difesa e tira una bomba ravvicinata. Tre a uno e c’è il tempo per il poker di Silenzi. Un’azione di contenimento diventa, grazie alla grinta e ai piedi di Alemao un contropiede, che finisce sulla trequarti tra i piedi di Silenzi, di nuovo solissimo. Tacconi disperato esce alla Neuer, ma senza la sua lucidità. La tocca, la palla rimpalla sull’ex reggiano, che a porta vuota tira da 30 metri. Rete. Il secondo tempo è pura accademia, una lezione di calcio azzurra con sigillo finale di Careca. Massimo Mauro, ora commentatore Sky, appena entrato al posto del match-winner Silenzi, dalla propria trequarti fa partire un lancio millimetrico per il brasiliano. Julio Cesar, stopper bianconero, ormai è in confusione e lo lascia solo, Tacconi è anche peggio ed esce senza senso. Pallonetto e 5-1.
Sembra l’inizio di un altro anno straordinario per gli azzurri, sarà invece il canto del cigno del ciclo maradoniano. La scoperta Silenzi segnerà solo altri sei gol nei due anni successivi, il numero 10 verrà trovato positivo alla cocaina nella primavera del 1991, inizierà un lento e inarrestabile declino di squadra e società, nonostante i lampi di Ranieri, Lippi, Boskov e Simoni.
JUVENTUS-NAPOLI 4-2 dts, LO SCANDALO DI PECHINO– Ventidue anni dopo le due compagini si trovano contro a parti invertite: campioni d’Italia sono i bianconeri, la coppa l’ha vinta il Napoli, proprio contro di loro e interrompendone la lunga striscia d’imbattibilità. Edinson Cavani rientra dalle vacanze accordategli anche per un infortunio, e lo fa in anticipo. Ed è lui a sbloccare il match, poco prima della mezz’ora, con un contropiede che parte pochi centimetri prima della linea di centrocampo. Buffon in uscita fa un miracolo, ma lui non demorde e “alla Silenzi” la butta dentro quasi di punta. La Juventus attacca, il Napoli si difende bene e riparte. Ma dieci minuti dopo Asamoah, alla prima partita ufficiale in bianconero, già pericolosissimo sulla sinistra, inventa una bomba al volo dal limite dell’area da posizione abbastanza defilata. Palla sul palo di Morgan De Sanctis, portiere azzurro ora alla Roma, che con una mezza papera lascia passare il pallone. Quattro minuti dopo, però, nuovo strappo, sempre su fuga solitaria, del Napoli. E’ Pandev a entrare in area avversaria e con un tocco sotto da maestro a dare il 2-1 ai suoi. La Juventus di Conte torna in campo con determinazione, ma il Napoli è concentrato e attento. Mazzoleni, però, decide che così la finale non gli piace. Prima nega un rigore a Behrami, poi ne regala uno a Vucinic, imbeccato dall’arbitro di porta Rizzoli (è la prima partita ufficiale in cui vengono introdotti i giudici di linea: si capisce subito che saranno spesso inutili e ancor più frequentemente dannosi). E fin qui ordinaria amministrazione. Vidal dal dischetto non sbaglia, mancano 15 minuti. In cui Pandev viene espulso per una frase irriguardosa in macedone rivolta al guardalinee, evidentemente poliglotta, Stefani. Napoli in 10. Ma non basta, al buon Mazzoleni: al 93′ Zuniga subisce un fallo clamoroso, poi si rialza e ne compie uno lui. Giallo discutibile, come il primo, nato da una punizione solare non assegnatagli. Tra l’incredulità generale il direttore di gara gli mostra il cartellino, match finito anche per lui. I supplementari – con un demenziale recupero di cinque minuti nel primo extra time – si giocheranno 11 contro 9. Ciononostante le zebre segneranno al 97′ solo su autogol di Maggio e papera clamorosa in uscita di De Sanctis e poi su contropiede, con Vucinic ovviamente solo. Ah, naturalmente viene espulso, per proteste, anche Mazzarri.
Quattro a due, un giornale sportivo userà la parola “scandalo” in prima pagina, a caratteri cubitali. Aurelio De Laurentiis non permetterà alla squadra di partecipare alla premiazione. “Per evitare altre espulsioni e squalifiche” dirà caustico.
Precedenti di fuoco, quindi. Che rendono la partita di oggi, a Doha, alle 18.30, ancora più interessante e carica di significati. Nel Napoli di quell’11 agosto sono rimasti Maggio, Britos, Inler, Hamsik e Gargano (Zuniga e Insigne sono fuori per infortunio). E di sicuro avranno caricato i compagni con il ricordo di quell’ingiustizia. Dall’altra parte non sono più in rosa solo Lucio e Matri, tra i titolari. E per gli uomini di Allegri è una fortuna, visto che a Pechino giocarono malissimo. I bianconeri vogliono a tutti i costi vincere il primo trofeo dell’era Allegri e spazzare via le nubi su quel trionfo cinese.