Cécile Kyenge sullo ius soli: «Un milione di ragazzi prigionieri dei razzisti»
15/09/2017 di Redazione
Cécile Kyenge è intervenuta su La Repubblica di oggi in merito alla decisione del suo partito, il Partito Democratico, di rinviare per il momento l’approdo in aula della riforma della cittadinanza. Il destino dello ius soli, o più correttamente ius culturae, appare piuttosto segnato. Alternativa popolare è contraria al testo approvato alla Camera, che aveva votato, e dall’esterno della maggioranza non ci sono voti sufficienti per l’approvazione della riforma della cittadinanza, che se fosse modificata al Senato dovrebbe tornare a Montecitorio. La fine della legislatura ormai prossima rende impossibile approvare la norma in caso di cambiamenti.
CÈCILE KYENGE CONTRO I RAZZISTI CHE BLOCCANO LO IUS SOLI
Secondo Cécile Kyenge l’approvazione della riforma della cittadinaza è stata bloccata da polemiche di stampo razzista, come scrive in un intervento su Repubblica. L’ex ministro per l’Integrazione rimarca come «il dibattito sul tema si è scontrato su altre priorità, lasciando che il destino di quasi un milione di minori fosse ostaggio di polemiche e feroci campagne politiche di fantomatici neo-paladini della “razza”. Un dibattito al di fuori della realtà di una società che sta cambiando. È sufficiente osservare i compagni di scuola dei nostri figli, i loro amici di giochi, per comprendere che il cambiamento è già in atto. La riforma restituirebbe solo equità ad un sistema oggi ingiusto, facendo sì che centinaia di migliaia di giovani siano finalmente riconosciuti come figli di questo paese, al pari dei loro compagni di scuola, infondendo in loro quell’amore che tutti noi abbiamo verso la nostra patria, l’Italia».
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Kyenge definisce in particolar modo vergognosa l’associazione tra bambini e terroristi, e chiede al PD di porre il voto di fiducia al fine di favorire l’approvazione della riforma della cittadinanza. «La scelta tra una società che crea ghetti e una che abbatte i muri, rimanendo unita, guardando al futuro. La riforma non discute del fatto di dare o meno la cittadinanza ai figli dell’immigrazione, ma del modo in cui questi bambini cresceranno: se da figli di questo Paese o da stranieri. Perdere questa opportunità significa condannare centinaia di migliaia di loro ad un futuro che li porterà ad una vita piena di discriminazioni».