La brutta fine degli eroi di Fukushima
08/10/2012 di Redazione
Sembra incredibile, ma molti dei famosi “50 di Fukushima”, si vergognano e temono di essere considerati responsabili.
DECENNI DI PROBLEMI – Ci vorranno circa 40 anni per smantellare i reattori di Fukushima. Sono ancora un pericolo e lo saranno fino a quando non saranno rimosse le barre rimaste nella piscina di raffreddamento del reattore numero 4, entro la fine del 2015 secondo i programmi. Allora il rischio calerà considerevolmente, anche se non sparirà del tutto, rimanendo comunque presente fino a che non sarà stato rimossa la gran parte del materiale fissile ancora presente nei diversi impianti.
LA VISITA DEL PREMIER – Oggi il premier Yoshihiko Noda si è recato in visita agli impianti, è entrato nell’edificio del reattore numero 4 e si è intrattenuto anche con OTTO dei “50 di Fukushima”, quel gruppo di volontari che nei giorni successivi all’incidente lavorò al contenimento dei reattori tra esplosioni e imponenti fughe radioattive. Sono passati 18 mesi dal disastro e solo ora le istituzioni sono sembrate ricordarsi di questi uomini.
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GLI EROI SI VERGOGNANO – A un osservatore italiano può sembrare incredibile, ma i 50 di Fukushima sono tenuti nascosti e pare che vogliano rimanere nascosti. Le inchieste ufficiali hanno rilevato come TEPCO abbia fallito e preso decisioni da incoscienti nel tentativo di minimizzare la portata dell’incidente ritardando così gli interventi e gli allarmi che poi si sono rivelati necessari. Di questo fallimento si sentono responsabili anche quelli che, unici in tutto il Giappone, hanno davvero rischiato la loro vita per rimediare al disastro.
IL SEGRETO – Può essere però che il segreto nasconda altre verità, perché nulla si sa nemmeno delle condizioni di salute dei 50, nessuno ne parla e ben pochi chiedono, al giornalista dell’Economist che ha avvicinato un manager TEPCO per chiedere di poter loro chiedere un’intervista è stato risposto che è “impossibile”. Sarebbe interessante ad esempio sapere della loro saluta, ma è un argomento che in Giappone sembra quasi un tabù.
LA RICONOSCENZA TARDIVA – In quasi tutto il resto del mondo i 50 sarebbero probabilmente stati salutati come eroi e arruolati in massa nei talk show televisivi, in Giappone dicono che abbiano paura a farsi riconoscere, che temano addirittura che i figli a scuola siano oggetto di atti di bullismo. Eppure lo stesso Noda, con grande ritardo, non ha avuto difficoltà a riconoscere pubblicamente che: “Grazie alla vostra dedizione abbiamo il Giappone com’è oggi“.
EROI O NO? – Non dovrebbe essere difficile nemmeno per gli altri giapponesi capire che questi uomini che oggi si vergognano, sei degli otto presenti all’incontro con Noda hanno dato le spalle alle telecamere, sono gli unici giapponesi che abbiano preso decisioni rapide e utili nell’imminenza del disastro e che lo abbiano fatto giocando le loro vite in quel momento. Lavorare in un sito nel quale tre reattori nuclearierano impazziti mentre gli edifici che li contenevano saltavano come popcorn e mentre si susseguivano le scosse di terremoto, al buio e nonostante tutto con il rischio di morire fulminati o per un’esplosione, oltre che per le radiazioni, dovrebbe essere essere considerato eroico al di là di ogni ragionevole dubbio, anche se questi lavoravano per un’azienda che oggi è forse la più odiata del Giappone, perché è accusata dai giapponesi di non aver fatto abbastanza per prevenire e poi limitare il disastro e di aver fatto troppo per salvare la faccia ai suoi dirigenti e il “buon nome” nell’azienda.
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