La bufala del MoVimento 5 Stelle sul fiscal compact
25/03/2014 di Alessandro Guerani
Ieri la deputata del M5S Dalila Nesci, della commissione della Camera Politiche dell’Unione Europea, ha presentato un’interrogazione parlamentare in Vigilanza Rai, di cui è anche commissario lamentandosi dei silenzi dei giornalisti del servizio pubblico, incapaci di «rettificare dichiarazioni palesemente inveritiere».
Il testo dell’agenzia di stampa che riporta le dichiarazioni di Borghi:
”Nelle sue trasmissioni la Rai deve fornire un’informazione precisa sul Meccanismo europeo di stabilita’, sul fiscal compact e su tutte le misure legate alle politiche dell’Unione europea che si traducono di prepotenza in tagli pesanti ai servizi e aiuti pubblici”. Lo dichiara la deputata M5S Dalila Nesci, della commissione della Camera Politiche dell’Unione Europea, che a riguardo ha presentato un’interrogazione parlamentare in Vigilanza Rai, di cui e’ anche commissario. Nesci denuncia ”gravi silenzi del servizio pubblico sulle imposizioni dell’Europa della finanza, che agisce al di fuori delle istituzioni democratiche e stabilisce condizioni impossibili riguardo alla spesa pubblica”. ”Inoltre – sottolinea la parlamentare – lo Stato sta sborsando, senza che lo sappia il grande pubblico della tv, quasi 130 miliardi per partecipare alla stabilizzazione dei Paesi europei, togliendo risorse alle imprese, ai lavoratori, alle famiglie, alla scuola e alla sanita”’. In particolare, nell’atto di sindacato ispettivo la deputata ha fatto riferimento alla puntata della trasmissione ”Agora”’ del 19 marzo scorso, in onda su Rai Tre, in cui, criticando le posizioni del Movimento 5 Stelle e di Beppe Grillo, l’economista Claudio Borghi ha dichiarato che ”il fiscal compact non e’ ancora entrato in vigore ed entrera’ in vigore forse nel 2016”. Nella sua interrogazione in Vigilanza Rai, Nesci ha precisato che nonostante le affermazioni di Borghi ”siano palesemente inveritiere, nessuno in studio, a cominciare dal conduttore Gerardo Greco, ha rettificato”. Percio’, la deputata Cinque Stelle ha chiesto a Roberto Fico, presidente della Vigilanza Rai, che la trasmissione ”Agora”’ smentisca Borghi e che il dibattito politico per le elezioni europee si svolga nell’obiettivita’ e imparzialita’ del servizio pubblico.
BORGHI AD AGORÀ – Ma a cosa si riferisce la deputata grillina? All’intervento dell’economista Claudio Borghi che affermava nella puntata della trasmissione “Agorà” del 19 marzo scorso, in onda su Rai Tre, che «il Fiscal Compact non è ancora entrato in vigore ed entrerà in vigore forse nel 2016» accusando il Movimento 5 Stelle di concentrarsi nelle sue proposte europee su dei punti che non sono la causa della crisi attuale. Ma senza entrare nella polemica politica di accuse e controaccuse, facciamo un “fact checking”, è già entrato in vigore il fiscal compact? E se non è entrato in vigore quando saremo invece soggetti ad esso?
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IL FISCAL COMPACT NON È IN VIGORE – Alla prima domanda è facile rispondere: no. Il “fiscal compact”, approvato con il trattato denominato Two-Pack, ufficialmente Trattato sulla stabilità sottoscritto il 2 marzo 2012 da 25 Stati dell’Unione Europea, per la parte che riguarda la cosidetta “regola del debito”, cioè la riduzione di 1/20 annuo del debito pubblico eccedente il 60 per cento del PIL, testualmente riporta all’art.2 del modificato regolamento (CE) N. 1467/97 «Per uno Stato membro soggetto a una procedura per i disavanzi eccessivi all’8 novembre 2011 e per un triennio a decorrere dalla correzione del disavanzo eccessivo, il requisito del criterio del debito è considerato soddisfatto se lo Stato membro interessato compie progressi sufficienti verso l’osservanza come da valutazione contenuta nel parere adottato dal Consiglio sul suo programma di stabilità o di convergenza». Essendo che l’Italia alla data indicata era sottoposta a procedura di infrazione per disavanzo eccessivo e ne è uscita il 29 maggio 2013 sicuramente quella parte del Fiscal Compact NON È ATTUALMENTE OPERATIVA.
ENTRATA IN VIGORE LONTANA – La controprova la abbiamo tentando di rispondere alla seconda domanda, cioè quando entrerà in vigore? Scorrendo il testo del Documento di Economia e Finanza 2013 stilato dall’allora governo Monti a pag.35 leggiamo sempre testualmente: «La prima valutazione della Commissione e del Consiglio Europeo sulla conformità alla regola del debito avverrà per l’Italia nel 2015, ossia al termine del periodo di transizione di tre anni successivo alla chiusura della procedura per deficit eccessivo».
Stessa tempistica nella Nota di Aggiornamento emessa dal governo Letta a firma di Saccomanni: «con il pareggio a partire dal 2015, in linea con il nuovo requisito Costituzionale e con le regole europee». Banca d’Italia nell’audizione parlamentare del 23 aprile 2013sosteneva invece, più in sintonia con quanto da noi scritto in gennaio: «Dato il periodo transitorio di tre anni dopo la scadenza per la correzione del disavanzo eccessivo, fissata al 31 dicembre 2012, la valutazione del rispetto della regola sul debito per l’Italia avverrà per la prima volta nel 2016, con riferimento alla dinamica del debito nel triennio 2013-15 (in una prospettiva backward-looking) e a quella stimata per il triennio 2015-17 (in una prospettiva forward-looking). Sulla base del quadro programmatico presentato nel DEF, la regola del debito verrebbe rispettata perché sarebbero soddisfatti i requisiti della prospettiva forward-looking».
Cioè in pratica i “compiti a casa” li avevamo già fatti per uscire dalla procedura di infrazione, relativa al vecchio Trattato di Maastricht, mentre per il Fiscal Compact l’applicazione doveva avvenire nel triennio 2015-17.
TANTO RUMORE PER NULLA – Sulla data esatta del “controllo” rimane una differente valutazione fra Ministero Economia e Bankit, 2015 il primo, 2016 il secondo, ma sicuramente sul concreto si può dire che le misure per rispettare questa famosa regola del debito del Fiscal Compact non ci hanno riguardato fino ad oggi, tanto infatti che l’Europa ci chiedeva un deficit del 2,9% nel 2013 e del 2,6% nel 2014, con quello strutturale allo 0,5%, mentre il pareggio di bilancio in Costituzione, derivante dalla regola del debito di cui sopra sarebbe, appunto, pareggio, cioè un bello 0%, come infatti dovrà essere nel 2015.
Insomma una classica tempesta in un bicchier d’acqua, probabilmente perché il M5S, con la sua posizione un po’ ondivaga sull’Europa in stile “non ci piace ma quindi se però”, si trova superato da una parte dalle posizioni anti-euro della Lega e di Fratelli d’Italia, dall’altra dalle rivendicazioni di sforamento del deficit dello stesso Renzi, rischiando di fare la figura del partito alla fine più “conservatore” del mazzo.