La crisi del banco dei pegni

COLPA DELLE NORME ANTI-RICICLAGGIO? – Agostinelli, ripreso dal Tirreno, aveva dichiarato: «Il Monte dei pegni ha una valenza sociale che, in questi tempi di crisi acuta, merita di essere preservata anche a costo di sopportare alcuni oneri economici». Gianni Zonin ringrazia l’ecclesiastico: «le parole del vescovo mi hanno toccato sul piano personale e sono soddisfatto della decisione di non chiudere più: riconosco che mantenere aperto il Monte dei pegni è un gesto concreto verso le famiglie più bisognose». A Prato sono attivbate 700 polizze per un totale di 690.000 euro. La decisione di chiudere l’stituto venne presa quest’estate, e più precisamente il primo luglio. Ma perché chiudere il Monte di Pietà? Semplice, come spiega La Nazione, secondo il banco popolare di Vicenza la colpa è della legge, troppo antica, oltre all’effetto delle nuove norme anti-riciclaggio.

Sequestro di centinaia di pezzi di argenteria trovati nel corso di controlli ai compro oro.

LA RAZIONALIZZAZIONE IN FRIULI – Infine, come detto, il numero esiguo di prestiti non comunicato per via della privacy. Ma come abbiamo visto, parliamo di 700 polizze. Quanto avvenuto a Prato non rappresenta purtroppo una novità. Una decisione simile è stata presa ad Udine. Come spiega il Messaggero Veneto, il monte dei pegni della città friulana è svanito nel nulla il primo ottobre scorso nell’ottica di una razionalizzazione dei servizi. A deciderlo la Cassa di risparmio del Friuli Venezia Giulia, gruppo Intesa San Paolo. Il Monte dei Pegni di Udine verrà accorpato a quello di Venezia, con l’obiettivo di fornire un migliore servizio alla clientela. maggiore professionalità e un migliore servizio alla clientela.

CI SONO ALTRI PRODOTTI – Situazione simile a Pistoia. Come spiega La Nazione, l Monte dei pegni di Cassa di risparmio di Pistoia e Lucchesia viene spostato a Firenze. Del resto la Cassa fa parte del gruppo Intesa Sanpaolo ed anche in questo caso si è deciso per la razionalizzazione. Una cosa del genere è accaduta anche ad Ascoli dove la Banca dell’Adriatico ha deciso per la chiusura del locale Monte di Pietà. La giustificazione? La stessa di Prato, ma proposta in modo più articolato: «il servizio verrà gradualmente a cessare perché il credito su pegno si è ridimensionato come numero delle operazioni e entità delle somme erogate, assumendo un ruolo marginale rispetto alle attuali esigenze di famiglie, professionisti e piccoli operatori economici. Alla clientela sarà garantita la gestione delle operazioni in corso attraverso il mantenimento di un presidio operativo per riscatti, aste e gestione delle polizze».

Sequestro di centinaia di pezzi di argenteria trovati nel corso di controlli ai compro oro.

UN SERVIZIO SOCIALE – Quindi vuol dire che la stessa banca sceglierà di proporre altri servizi che non prevedano il pegno ma magari si parlerà di prestiti, finanziamenti o consimili perché non esiste quasi più richiesta. Una lettura che però stride con quella che è la realtà. Come abbiamo visto in Lombardia le richieste sono aumentate così come sono forti le lamentele delle piccole comunità private di un’istituzione centenaria. A Prato il vescovo parlava anche di una forma di tutela nei confronti dei vari Compro Oro, che non prevedono il riscatto dei beni venduti. Ma a quanto pare sembra che orma il Monte dei Pegni sia destinato a scomparire, come nel caso di quello di La Spezia. I sindacati, ripresi dal Secolo XIX, non ci stanno ed attaccano a testa bassa.

UNA QUESTIONE DI CONVENIENZA? – «Come sindacati non possiamo che contestare e stigmatizzare la scelta dell’azienda, dal forte impatto storico e sociale -hanno spiegato i sindacati- storico perché andava avanti da 171 anni, sociale perché viene meno un servizio utile soprattutto per le persone più disagiate. Con la crisi economica che imperversa e la disoccupazione che avanza, non si poteva scegliere momento peggiore per decidere di abbassare la saracinesca all’unico Monte Pegni della provincia». Che si tratti di un’offensiva contro il Monte dei Pegni? Non può dirlo nessuno, ma certo suona singolare che le banche taglino un servizio utile per la comunità specie quando, per dirla usando le parole di una signora di 73 anni intervistata a Prato, «mancano le garanzie per un prestito». Spesso le persone impegnano oggetti dall’inestimabile valore affettivo anche perché sanno che prima o poi ne torneranno in possesso. Ora o rinunciano o vendono al Compro Oro. O più probabilmente non è più un prodotto interessante per le banche. Allora questo è un altro discorso. (Photocredit Lapresse / Wikipedia)

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