La patrimoniale che ci consiglia la Germania (e a cosa serve)
20/02/2014 di Alessandro Guerani
È una settimana “calda” per le ipotesi di una mega-tassa patrimoniale sui patrimoni degli italiani. Sono solo di ieri le polemiche sulla patrimoniale da 400 miliardi, che secondo Barca ci vuole, che ieri il presidente della Deutsche Bundesbank Jens Weidmann, in una intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, ripete un concetto già espresso prima (e ne avevamo parlato qui) cioè come “all’interno di una Unione monetaria in caso di necessità bisognerebbe richiedere un prelievo ai contribuenti del paese coinvolto prima di chiedere aiuti ad altri.” Tranquillizzate gli amici del Mississippi o del Minnesota, Weidmann non si riferisce a tutte le unioni monetarie, ma ovviamente solo a quella in cui c’è l’euro.
LE RAGIONI POLITICHE – La posizione di Weidmann non sorprende, sia perché appunto scettico da sempre sull’attuale configurazione dell’Eurozona, sia perché con le elezioni europee alle porte bisogna rassicurare l’elettore tedesco che non pagherà più per nessun salvataggio di “fratelli europei”. In settimana la stessa Cancelliera Angela Merkel aveva infatti bloccato un nuovo piano di aiuti alla Grecia preparato dal suo stesso ministro Schauble per evitare di dare una occasione di polemica alle sempre più forti tendenze euroscettiche del suo paese, con AfD che secondo alcuni recenti poll sta superando il 7% dei consensi. Motivi politici a parte la recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca, che ha di fatto decretato l’illegittimità per la legge tedesca del piano OMT della BCE, ha rafforzato la posizione di Weidmann. Questo va a sommarsi alla precedente sentenza che vietava di espandere l’intervento dei Fondi Salvastati che nell’attuale configurazione non hanno assolutamente la capacità economica di intervenire con successo nell’aiuto di paesi di grandi dimensioni come il nostro. L’invito a “salvarci” da soli è la logica conseguenza e solo gli ingenui, quelli che “la Germania capirà, vedrete”, potevano pensare che non finisse così.
I PROBLEMI ITALIANI – Togliamo di mezzo subito che la patrimoniale servirebbe ad una redistribuzione della ricchezza, sono altri i motivi per cui questo piano di 300-400 miliardi di importo sta tornando periodicamente fuori. Il principale di questi è la situazione del nostro sistema bancario: 5 anni di crisi hanno prodotto una montagna di sofferenze e crediti di dubbio realizzo, 150 miliardi le prime, complessivamente 270 miliardi sommando i secondi, come avevamo riportato in questo articolo. La recente decisione di affidare alla BCE la supervisione dei rischi sistemici del sistema bancario europeo e l’inizio degli stress test sulle aziende bancarie ha accelerato i tempi della resa dei conti, considerando anche le minacciose dichiarazioni di Draghi al riguardo: “le banche che non supereranno i test dovranno essere chiuse”. È partita quindi una corsa a tempo, chi cerca di fare delle bad bank, chi prova ad aumentare il proprio capitale, ma in generale la coperta non è corta, è cortissima ed il bilancio pubblico, già sofferente anch’esso per via della crisi e dei versamenti ai Fondi Salvastati che hanno, appunto, salvato gli altri, non ha spazi per intervenire come in altri paesi europei per nazionalizzare le banche più in difficoltà. Lo stesso piano di Savona e Monorchio di cui parlavamo qui alla fine servirebbe principalmente per questo scopo. E una volta seminazionalizzate e ricapitalizzate le banche potete immaginare la fiducia che riscuoterebbero da parte dei risparmiatori spennati che poi, senza risolvere gli altri problemi economici, si continuerebbero di nuovo ad accumulare crediti problematici e quindi di nuovo a nazionalizzare quote del sistema bancario, e con quali altri soldi? Una patrimoniale a questo scopo eventualmente avrebbe senso in presenza di un quadro economico di grosso cambiamento, non certo per vivacchiare.
L’ALTRO PROBLEMA ITALIANO – L’altro problema italiano è il differenziale di competitività accumulato nei confronti degli altri partner europei, in specie la Germania, a causa dei differenziali di inflazione. Questo è il motivo per cui si parla di riduzione del cuneo fiscale, cioè dell’insieme di tasse e contributi che gravano sugli stipendi, in modo da recuperare margini di competitività e quindi di prezzo per potere avere maggiori possibilità di vendere i prodotti italiani sia dentro la UE che proprio dentro l’Italia.
Al netto anche qui delle tante chiacchiere, questo cuneo non è una invenzione maligna messa così tanto per esserci: i contributi servono per poi assicurare una pensione al lavoratore, l’IRPEF sui redditi da lavoro è una delle principali entrate dello Stato, le altre voci, come l’INAIL o il contributo al Servizio Sanitario Nazionale, hanno tutte motivazioni ben precise e, soprattutto, qualsiasi cosa si tocchi nella stragrande parte dei casi dovrebbe essere preso in carico dal bilancio statale a meno di voler tenere i lavoratori senza pensione (e non pagare le attuali), senza assicurazione infortuni o senza assistenza sanitaria. Ma anche per questo i soldi non ci sono e via ad una ridda di ipotesi di nuove tasse sempre più fantasiose col rischio di ammazzare interi settori per poi magari recuperare un 10% di differenziale su un 25-30% che abbiamo accumulato grazie all’impossibilità di una moneta unica europea di adeguarsi all’inflazione dell’Italia.
UN SACRIFICIO INUTILE – Anche qua, senza un vero intervento strutturale, cioè una moneta propria o un costo del lavoro che si adegui costantemente (paradossalmente in modo anticiclico rispetto all’inflazione), una soluzione legata ad una patrimoniale una-tantum può sistemare le cose al momento, ma non impedirebbe il riformarsi di questi differenziali, specie se la Germania continuasse a perseguire una politica di bassa domanda interna, cosa per cui è stata “richiamata” anche oggi dal Fondo Monetario Internazionale. Da qualunque parte la si rigiri una patrimoniale una tantum di importo considerevole avrebbe qualche effetto positivo solo al momento e senza alcuna garanzia per il futuro, che sarebbe anzi invece ipotecato in negativo dagli effetti recessivi di una simile distruzione di ricchezza privata. Speriamo che il Nuovo che Avanza capisca questi Vecchi Concetti.