La stampa italiana, tra retroscena e fonti anonime: Houston, abbiamo un problema?
13/04/2016 di Marco Esposito Boris Sollazzo
Houston, abbiamo un problema. E anche bello grosso. E dobbiamo parlarne, non possiamo fare finta di niente. Perché ci riguarda tutti.
La rassegna stampa dell’ultima settimana – come molti altri portali d’informazione, la mattina facciamo un servizio di rassegna stampa cartacea – ci offre un profilo a tratti inquietante della nostra informazione, in particolare quella quotidiana. I giornali – ma non solo loro, la riflessione riguarda tutta la stampa a questo punto – affrontano un problema enorme di metodologia e deontologia. Sempre più povera di inchieste e scoop, la stampa italiana si dopa con retroscena e fonti anonime, entrambe figli della stessa siccità di cronisti e notizie. E, inevitabilmente, si fanno veline delle loro fonti.
Sappiamo che cronaca e critica politica, ormai, si fanno attraverso il disegnare racconti dietro le quinte. E passi, anche se è un genere letterario e giornalistico quasi del tutto italiano che dalla politica è sfociata ovunque, sport compreso (che forse ne aveva la paternità, ma solo estiva, con il calciomercato). Che però la cronaca diventi il porto franco di pettegolezzi che escono alla bisogna è un problema che dovremmo affrontare. E che suscita la stessa inquietudine che provocano le uscite a orologeria dei verbali di inquirenti vari, così come la diffusione di intercettazioni non rilevanti penalmente ma devastanti sul profilo personale.
Il problema esiste, soprattutto perché le notizie che diventano copia e incolla di scritti senza paternità portano ora la firma dei nostri migliori cronisti. E se Carlo Bonini, probabilmente, sconta l’impossibilità di rivelare chi sia il suo informatore – e quindi forse è costretto a proteggerlo, più che a esserne “schiavo” -, il dossier anonimo arrivato al Corriere e alla Repubblica sull’ammiraglio de Giorgi appare anche un regolamento di conti interno alla Marina Militare di cui giornali e giornalisti sono strumenti sostanzialmente passivi.
In entrambi i casi le smentite della Procura sui contenuti dell’articolo di Repubblica per il caso Regeni e quelle della Marina su De Giorgi, alimentano la preoccupazione riguardo a scoop che potrebbero rivelarsi senza fondamento.
La domanda quindi è al Sistema tutto. Compreso chi scrive e che ha preso la decisione di dare visibilità a quelle notizie che avevano fonti anonime.
Abbiamo un problema, e bello grosso. Uffici stampa e chiacchierate alla buvette, intercettazioni e fonti anonime, retroscena e rapporti privilegiati con pezzi di classe dirigente, non sono forse tutti figli della stessa madre, anzi matrigna?
Difficile capirlo. Le fonti ormai sono troppe – vedi anche i social – e i giornalisti – soprattutto a causa delle loro condizioni di precarietà – troppo pochi e in una condizione di debolezza. E i giornalisti rischiano di essere vigili urbani che cercano di mettere ordine nei flussi del traffico delle news, piuttosto che trovarle.
Non abbiamo una soluzione, ad ora. Come si può fronteggiare questo flusso di notizie? Serve un nuovo codice deontologico? E’ giusto che queste notizie vengano ignorate? E’ giusto diffonderle? E’ giusto, e oggi in questa redazione ne abbiamo discusso a lungo, pubblicare le risultanze di un dossier anonimo che non abbiamo letto su quotidiani tanto importanti? E’ giusto non pubblicare notizie che tutti gli altri invece riportano? E soprattutto, possiamo definirle notizie?