La storia delle foto osé di Moni Ovadia
20/03/2014 di Alessandro D'Amato
Cosa succede quando un personaggio pubblico viene ricattato per alcune sue foto osé? Di storie del genere, finite male, ne sono rimaste tantissime nell’immaginario collettivo. Quella che però racconta oggi il Messaggero su Moni Ovadia è particolarmente interessante, perché il musicista ha subito un tentativo di ricatto ma… non c’era nulla di ricattabile. Un esempio per tutti?
Tutto inizia nel 2010. Dallo studio milanese di Ovadia sparisce un hard disk collegato a un computer, una scheda di memoria riservata a fotografie di vita privata e familiare. Il disco finisce poi nelle mani di tre persone che, sbirciando tra istantanee di amici e vacanze del musicista, trovano sei autoscatti in bianco e nero che ritraggono Ovadia insieme alla moglie, in atteggiamenti intimi.
I tre, quindi, decidono di sfruttare quelle immagini come arma di ricatto, pensando di poter mettere in tasca unmucchio di soldi:
E’ così che iniziano a tormentare Ovadia, assillandolo a qualsiasi ora del giorno e della notte con telefonate pressanti e continue, chiedendo denaro in cambio del silenzio. Durante un primo colloquio, tentano di estorcere al musicista circa diecimila euro in contanti, specificando che, in caso di mancato pagamento, le fotografie sarebbero state diffuse sul web. Nei mesi successivi, le richieste proseguono, e le telefonate si fanno sempre più assillanti. Ovadia, però, non scuce un centesimo: è convinto di non avere nulla da nascondere. Le foto lo ritraggono insieme alla compagna.
Solo che, a differenza del vip medio, Ovadia non ha nulla da nascondere. E allora va a denunciare tutto e fa arrestare i ricattatori, tre ragazzi tra i 24 e i 30 anni che pensavano probabilmente di fare il colpo della loro vita. Non solo: quando vengono presi non si costituisce nemmeno parte civile. Un signore. Da cui molti dovrebbero prendere esempio.