La Svizzera non vuole più risarcire i comuni dei pendolari italiani
28/01/2014 di Andrea Mollica
L’Italia sta per chiudere un accordo fiscale con la Svizzera per la tassazione dei capitali, ed il Canton Ticino, la parte italofona della Confederazione Elvetica, chiede che Berna cancelli i finanziamenti ai nostri comuni di frontiera che arrivano dai ristorni delle tasse pagate dai nostri lavoratori. Una presa di posizione che arriva dal Partito Liberale Radicale, storica formazione di governo del Canton Ticino, che insegue a destra la linea anti frontalieri di Lega dei Ticinesi, Udc e centro democristiano.
STOP AI RISTORNI – Tra due settimane in Svizzera si vota un referendum sulla libera circolazione dei lavoratori dell’Unione Europea, ed al confine con l’Italia è partita una gara a chi si mostra più duro nei confronti del nostro paese. Questa volta è stato il turno dei Liberali Radicali, la storica formazione del Canton Ticino, rappresentante della borghesia imprenditoriale che ha reso ricca la Svizzera italiana. Il Plr ha chiesto al governo elvetico, il Consiglio federale di Berna, di cancellare l’accordo dei ristorni dei frontalieri. Questa intesa, introdotta nel 1974, prevede un meccanismo di finanziamento dei comuni di residenza dei lavoratori italiani che lavorano in Svizzera, ed ogni giorno fanno i pendolari del confine, da cui il nome di frontalieri. Un meccanismo nato per evitare la doppia imposizione fiscale, e che consente ai nostri comuni di coprire le spese erogate verso cittadini che non pagano le tasse in Italia.
ACCORDO FISCALE – La presa di posizione del Plr arriva proprio alla vigilia del viaggio di Fabrizio Saccomanni a Berna, che servirà a chiudere l’accordo sulla tassazione dei capitali trasportati illecitamente nelle banche elvetiche. Il partito ticinese ha chiesto quindi al suo governo federale di sfruttare questa occasione per riprendersi i soldi che il Cantone versa al nostro paese tramite i ristorni dei frontalieri. L’intesa tra Italia e Svizzera sarà basata su un versamento una tantum e su un’aliquota fiscale che Berna verserà a Roma grazie all’imposizione delle tasse sui conti correnti dei contribuenti del nostro paese. Il Ticino fa dunque pressione per far sì che all’interno del nuovo quadro il Cantone venga sollevato da un onere finanziario che è diventato sempre più problematico dal punto di vista politico. Le pressioni per cancellare i ristorni dei frontalieri sono iniziate alcuni anni fa, quando Tremonti aveva iniziato a contrastare l’esportazioni dei capitali italiani nella Confederazione Elvetica, imponendo misure restrittive che avevano scatenato la Lega dei Ticinesi contro l’allora ministro del Tesoro.
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CLIMA ANTI ITALIA – La presa di posizione dei liberali ticinesi, il partito che insieme ai socialisti si era sempre tenuto su una linea di difesa dei frontalieri, evidenzia il crescente clima anti italiani che si respira nel Canton Ticino. Se fino a qualche anno fa la battaglia su questo tema era monopolio della Lega dei Ticinesi, ora dopo la crescita vigorosa dei lavoratori frontalieri registrata in questi anni la quasi totalità del sistema politico ha assunto posizioni critiche nei confronti della presenza professionale dei nostri connazionali. Il centro di ispirazione cristiana aveva detto sì alla proposta leghista di non versare i ristorni per fare pressione sul governo italiano e svizzero al fine di mutare un quadro finanziario che secondo gli esponenti ticinesi è troppo favorevole al nostro paese. I Verdi, storicamente collocati a sinistra, hanno appoggiato il referendum delle destre – Udc e Lega dei Ticinesi – che vuole bocciare i trattati bilaterali con l’Ue sulla libera circolazione delle persone comunitarie.
PROBLEMA FRONTALIERI – Le forze politiche cantonali evidenziano sopratutto quanto la situazione del frontalierato sia mutata in questi anni. Gli italiani che lavorano in Canton Ticino sono cresciuti in numero rilevante, ed ora sono circa 60 mila. Le aziende svizzere utilizzano questa situazione per contenere il costo del lavoro, visto che i salari elvetici sono molto attrattivi anche se sono più bassi della media per un lavoratore italiano che risiede nel nostro paese. Il costo della vita in Svizzera è ben superiore rispetto a quello che si registra oltreconfine. Secondo molti critici i trattati bilaterali hanno acuito questo problema, ed è probabile che in Canton Ticino, a differenza che nel resto della Confederazione Elvetica, il sì ai referendum passi. I ristorni costano circa 60 milioni di franchi, una somma grosso modo equivalente a 50 milioni di ero, e costituiscono un’importante fonte fiscale per i comuni italiani dove risiedono i frontalieri. In alcuni casi, in piccole località della provincia di Varese o Como, si può parlare anche di una delle principali fonti di gettito fiscale, reso anemico dalla scarsa presenza di lavoratori italiani in loco.