La vera storia del sushi radioattivo di Fukushima
27/01/2014 di Redazione
Il problema del pesce reso radioattivo dalla perdita della centrale di Fukushima non ce lo abbiamo noi e ce lo hanno relativamente persino i giapponesi, eppure è uno dei pretesti più graditi per fare allarmismo.
LA FONTE QUASI INNOCENTE – L’articolo originale che sta eccitando i soliti siti tra il complottista e il ridicolo proviene da italian.ruvr.ru, dedicato alle notizie dalla Russia e infatti si tratta di un’intervista al «vicepresidente del Comitato della Duma di Stato sulle risorse naturali, l’ambiente e l’ecologia, Maksim Šingarkin» condita con notizie di cronaca più o meno relativa all’argomento trattato.
TUTTO FA BUFALA – L’occasione la offre la notizia per la quale un Carassio nero di mare su 37 tra quelli analizzati ha registrato livelli record di contaminazione. I 36 pesci restanti, pescati nel delta di un fiume ad appena 40 chilometri dalla centrale, in realtà non sono contaminati e nemmeno è figlio della contaminazione il calamaro gigante che si cita nell’articolo come frutto di una mutazione provocata dalle radiazioni.
LE BALENE RADIOATTIVE – Le previsioni sono fosche: «Se si continua con questa logica, è possibile tracciare un quadro piuttosto triste delle conseguenze di Fukushima. Tra pochi anni, una significativa porzione diprodotti ittici in Giappone sarà contaminata da radiazioni. Nel pacifico nuoteranno balene radioattive, che sono in cima alla piramide alimentare marina. Nel prossimo decennio, dovremmo aspettarci un boom del tasso di tumori in Giappone.»
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L’ALLARMISMO TIRA – In verità no, o almeno non per il consumo del pesce, e difficilmente si vedranno le balene radioattive, che non mangiano altri pesci e che quindi non sono in cima alla catena alimentare. Il rischio per la salute umana dovuto al consumo di pesce contaminato dal materiale radioattivo versato in mare durante l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima è stato quantificato negli Stati Uniti in due casi di tumore fatale su oltre dieci milioni di persone esposte. E lo stesso articolo specifica che «quel carassio infetto, di cui ha scritto “Asahi”, una volta sola lo si può anche mangiare, scherzano gli esperti. Per un uomo questo non è mortale. La cosa principale è non mangiare continuamente questi pesci.» Niente che scoraggi i soliti noti dal copincollare l’articolo, omettere la fonte e decorarlo con i soliti proclami che presentano ai seguaci la notizia come se si trattasse di un allarme censurato da chissà chi e non di una banalità.