«L’aereo scomparso in Malesia si è disintegrato in volo»
10/03/2014 di Redazione
La pista del terrorismo sembra ormai quella privilegiata dagli inquirenti. A due giorni dalla scomparsa in volo, ancora nessun esito hanno dato le ricerche del Boeing 777 della Malaysia Airlines, sparito con 239 persone a bordo a largo del Viet Nam, mentre viaggiava da Kuala Lumpur verso Pechino. «Il Boeing sparito in mare si è disintegrato in volo», ha spiegato una fonte coinvolta nelle indagini (anonima perché non autorizzata a divulgare dettagli sull’inchiesta). Ha precisato come «il fatto che ancora non sia stato ritrovato alcun detrito sembra indicare che l’aereo si sia probabilmente distrutto a 35mila piedi di altezza» (10mila metri circa). Un’inchiesta con l’ipotesi dell’attentato è stata aperta dal governo malese, in collaborazione con l’Fbi ed è seguita anche dalle agenzie di intelligence di nove Paesi, compresio Cina, Filippine, Vietnam e Thailandia. Sono stati inviati nel Mar cinese meridionale 34 aerei e 40 navi: una task force senza precedenti per cercare di trovare le tracce del velivolo scomparso. Questa mattina una possibile svolta: elicotteri vietnamiti si stanno recando sul luogo in cui è scomparso l’aereo della Malaysia Airlines per recuperare un “oggetto giallo” che potrebbe essere lo scivolo galleggiante del velivolo.
L’AEREO SCOMPARSO E L’IPOTESI TERRORISMO – Per l’aviazione civile malese resta un «mistero senza precedenti» nella storia dell’aviazione. Lo ha spiegato Azharuddin Abdul Rahman, il capo della authority, che ha confermato la mancanza assoluta di tracce del relitto del Boeing 777 sparito nella notte tra venerdì e sabato scorso. Quando sono passati ormai quasi tre giorni dal decollo del velivolo, il velivolo sembra essere sparito nel nulla: «Non abbiamo trovato niente che possa sembrare un oggetto che gli appartenesse, figuriamoci l’aereo», aveva chiarito nel corso di una conferenza stampa il responsabile dell’authority malese. In particolare Azharuddin aveva smentito le informazioni arrivate nella serata di domenica dal Vietnam, secondo cui un aereo locale aveva avvistato a 93 chilometri dall’isola vietnamita di Tho Chu dei possibili resti del velivolo sparito. In base alle prime ricostruzioni, sembrava che fossero stati avvistati i frammenti di una coda e di un porta interna dell’aereo. Ma già l’aviazione civile aveva precisato come ci fosse troppo buio per identificare l’oggetto. Poi, la smentita ufficiale. Di fronte all’ipotesi ormai seguita dagli inquirenti di un possibile dirottamento o un attentato terroristico, lo stesso Azharuddin ha precisato di non poterla escludere. Varie tracce oleose raccolte in mare sono state inviate in laboratorio per verificare se possano appartenere al Boeing 777 sparito mentre era in rotta tra Kuala Lumpur e Pechino. Fino all’annuncio del recupero dell”oggetto giallo“, che potrebbe essere lo scivolo galleggiante del velivolo.
«L’AEREO È ESPLOSO IN VOLO» – Ieri, però la pista dell’attentato sembrava diventare sempre più probabile. Se l’aereo fosse precipitato intatto da 10mila metri, distruggendosi soltanto al momento dell’impatto con l’acqua, «le squadre di ricerca avrebbero comunque trovato una concentrazione di detriti», aveva precisato la fonte anonima. Aveva spiegato però come non ci fossero ancora prove del possibile sabotaggio sull’aereo: il velivolo potrebbe anche essere esploso per problemi meccanici. Per ora, quindi, le autorità malesi continuano a seguire diverse piste. L’ipotesi di un improvviso cedimento strutturale sembra però essere remota secondo gli inquirenti. Il motivo? Il Boeing 777 era stato revisionato soltanto dieci giorni fa e definito in «perfette condizioni». Per ora la Casa Bianca sembra prendere tempo, mentre proseguono le indagini anche dei servizi segreti. Washington ha invitato a «non dare per acquisito l’atto criminale», anche se tutte tutte le forze multinazionali coinvolte hanno rivelato come l’ipotesi dell’«atto terroristico guadagni probabilità ogni ora che passa».
NESSUNA COMUNICAZIONE DAI PILOTI – Come ha chiarito Repubblica, tra i nodi da risolvere resta quello legato al silenzio dei piloti del Boeing. «Venerdì notte, con l’aereo in assetto da crociera, qualsiasi avaria avrebbe concesso il tempo di una comunicazione, o di un allarme», si legge. In base ai radar dell’aviazione malese, poi, il volo MH370, poco prima di sparire, avrebbe invertito la rotta, tentando di rientrare verso Kuala Lumpur. Per questo l’ipotesi di un possibile dirottamento non sarebbe da escludere: resta obbligatorio comunicare alle torri di controllo qualsiasi cambio di direzione, mentre in questo caso non c’è stata alcuna comunicazione. Ma non solo: diversi giornali evocano l’ipotesi terrorismo, data anche la presenza a bordo di alcuni passeggeri con passaporti rubati.
I PASSAPORTI RUBATI – Il pool multinazionale degli inquirenti segue con la massima attenzione anche la presenza a bordo di passeggeri dotati di passaporti risultati rubati o falsi. Come ha chiarito il quotidiano diretto da Ezio Mauro, la Cina ha definito «inquietante» la possibilità che qualcuno si possa imbarcare su voli internazionali con documenti inseriti nella lista nera dell’Interpol. Non è chiaro se i clandestini fossero due o quattro. Ciò che è certo è che i due passeggeri saliti con i passaporti del cesenate Luigi Maraldi e dell’austriaco Christian Kezel, rubati in Thailandia nel 2013 e nel 2012, avevano acquistato insieme i biglietti. Il corrispondente Giampolo Visetti ha fornito maggiori dettagli:
«L’hanno fatto giovedì 6 marzo, alla vigilia del decollo, tramite la compagnia China Southern Airlines, pagando in valuta thailandese e ottenendo ticket con numeri consecutivi. A Pechino avrebbero atteso dieci ore un volo per Amsterdam, dove si sarebbero separati: uno si sarebbe diretto a Francoforte, l’altro a Copenaghen. Maraldi ieri ha spiegato che gli avevano rubato il passaporto il 22 luglio scorso, in un negozio che affitta scooter a Pukhet, in Thailandia, dove è ora in vacanza fino al 15 marzo. Falso sarebbe invece il documento di un passeggero cinese. Il nesso tra clandestini a bordo, scomparsa e possibile esplosione in volo del Boeing, è da dimostrare. È però l’eccesso di coincidenze a giustificare l’allarme- terrorismo scattato ormai»
L’Interpol ha poi spiegato come nessun controllo fosse stato «effettuato sui passaporti rubati all’italiano Luigi Maraldi e all’austriaco Christian Kozel, dal momento della denuncia del loro furto e del loro inserimento nel database dell’Interpol al momento in cui è decollato il volo della Malaysia Airlines», poi scomparso. La stessa Interpol aveva aggiunto come fosse «molto preoccupante che dei passeggeri fossero stati in grado di imbarcarsi su un volo internazionale con un passaporto rubato e registrato nella banca dati dell’Interpol», come ha chiarito il segretario generale dell’organizzazione, Ronal Noble. Intanto, la polizia thailandese ha annunciato di aver aperto un’inchiesta a Phuket su un possibile traffico di passaporti, dopo il caso dei due passaporti rubati all’italiano a Phuket nel 2013 e all’austriaco nel 2012.