L’alleanza antiterrosimo «islamica» dell’Arabia Saudita
15/12/2015 di Mazzetta
Con una mossa inusuale il ministro della difesa saudita, nonché figlio dell’attuale re,
L’ARABIA SAUDITA E L’ALLEANZA ISLAMICA CONTRO IL TERRORISMO –
La coalizione presentata ieri dai sauditi sembra un po’ quella approntata per fare la guerra in Yemen, un lungo elenco di paesi tra i quali ben pochi porteranno acqua al nuovo progetto, che più che altro sembra inteso ad allontanare da Riad l’accusa di essere fattore destabilizzante nella regione e fin troppo vicina ai fanatici, siano i qaedisti o gli uomini del califfato. La coalizione infatti comprende, oltre all’Arabia Saudita: Bahrein, Bangladesh, Benin, Chad, Comoros, Costa d’Avorio, Gibuti, Egitto, Gabon, Guinea, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Malaysia, Maldives, Mali, Marocco, Mauritania, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Qatar, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Togo, Tunisia, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Yemen.
A COSA SERVE L’ALLEANZA –
Scopo ufficiale della coalizione è quella di combattere «tutti i terrorismo» e non già solo l’ISIS, il che ha lasciato perplessi molti osservatori, perché per i sauditi sono «terroristi» tutti i movimenti armati vicini a Teheran e perché di recente tra i «terroristi» in Arabia Saudita hanno aggiunto anche gli atei. L’Iran infatti non partecipa all’alleanza, come non vi partecipano l’Iraq e la Siria di Assad o gli «stan» asiatici rimasti saldamente nell’orbita russa, a dimostrazione che la coalizione serve scopi politici più che al reale contrasto al terrorismo, tanto che la maggior parte dei coalizzati sono paesi senza risorse che dipendono anche dalla generosità dei sauditi. Sauditi che hanno in odio gli iraniani, ma che escludendo gli sciiti s’allineano ancora di più alle politiche dell’ISIS.
LEGGI ANCHE: «Cara Pinotti, è legale vendere bombe all’Arabia Saudita?»
PROPAGANDA O AZIONI CON EFFETTI REALI? –
Come questa novità si possa tradurre sul campo non è chiaro, per ora Mohammed bin Salman ha spiegato solo che l’alleanza -non- riguarderà lo Yemen, dove sauditi ed alleati bombardano da 9 mesi per imporre un governo loro gradito, ma senza successi apparenti. I paesi più attivi nella lotta al terrorismo indicati nella lista sono già impegnati allo spasimo contro la minaccia portata dall’estremismo wahabita e non si capisce come l’alleanza potrebbe rivitalizzare questo impegno, tanto più che i sauditi non hanno dato segno di voler intervenire per bloccare i robusti finanziamenti che dal Golfo finiscono a molteplici organizzazioni terroristiche, né tarpare le ali alle numerose ONG che dal Pakistan all’Afghanistan finanziano le madrasse a discapito dell’educazione pubblica e secolare.