L’anniversario della morte di Aldo Moro
09/05/2014 di Redazione
Sono passati 38 anni da quel 9 maggio 1978, giorno in cui il corpo dello statista della Democrazia Cristiana, Aldo Moro venne ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, in via Michelangelo Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure, a poche decine di metri di distanza dalle sedi nazionale del Pci e della Dc. Era stato sequestrato il 16 marzo – nel giorno della presentazione del quarto governo Andreotti – con un agguato delle Brigate Rosse in via Fani, nel quale persero la vita anche cinque uomini delle forze dell’ordine. Una data che ha segnato in modo radicale la storia dell’Italia repubblicana.
TRENTASEI ANNI FA MORIVA ALDO MORO – Lo storico esponente democristiano restò recluso per 55 giorni in un appartamento in via Montalcini, alla Magliana, nell’apice della strategia del terrore. Un periodo segnato da ulteriori attentati realizzati delle Br, ma anche dalle strazianti lettere inviate da Moro da quella era considerata come la “prigione del popolo”. Furono 86 le missive indirizzate a familiari, compagni di partito e al pontefice Paolo VI. Scritti nelle quali chiese che venisse accettato lo scambio di prigionieri richiesto dalle BR, in modo da potersi salvare. Ma a prevalere fu la linea della fermezza, portata avanti dal governo democristiano e da quasi tutti i partiti in Parlamento. Contrari a trattare con le Br. Così, dopo essere stato interrogato e sottoposto a un processo politico dal cosiddetto “Tribunale del popolo”, Moro venne ucciso dalle Br. Con la sentenza di morte eseguita dal brigatista Mario Moretti, che trasferì l’esponente democristiano nel garage sotterraneo dell’appartamento e, una volta sistemato il politico nel bagagliaio della Renault rossa, lo uccise con nove colpi di pistola Walther PPK e di mitraglietta Vz 61 Skorpion. Fino alla segnalazione anonima alla Questura che porterà al ritrovamento del cadavere dello statista. L’autopsia rivelò come Moro fosse stato ucciso tra le sei e le sette del mattino. Durante la cerimonia funebre celebrata da Papa Paolo VI il successivo 13 maggio mancò però il corpo dello statista, così come chiese la famiglia. Questa decise di non partecipare e rifiutò il funerale di Stato, ritenendo che lo Stato italiano avesse fatto troppo poco per salvare la vita di Moro.
ALDO MORO, LA CARRIERA POLITICA – Già presidente della FUCI (1939-43) e del Movimento laureati cattolici (1945-46), Moro fu uno dei fondatori della Democrazia cristiana. Rappresentò il partito alla Costituente nella Commissione dei 75, così come fu presente alla Camera dei deputati in tutte le legislature. Più volte ministro, venne eletto segretario della Dc, in una posizione di mediazione tra la corrente dorotea e quella dei fanfaniani. Fu il volto che guidò il partito nella crisi del centrismo, con l’apertura verso il Partito socialista e agli esecutivi di centrosinistra. Arrivato a Palazzo Chigi nel dicembre 1963, fu presidente del Consiglio per cinque volte. Dal 1969 portò avanti la “strategia dell’attenzione” verso il Partito comunista, che si era attestato sulla prospettiva del “compromesso storico“. Una fase allora lanciata dal segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, con la proposta alla Democrazia Cristiana di una collaborazione di governo che doveva porre fine alla stagione della “conventio ad excludendum” del secondo partito italiano dalla guida del Paese.
Moro, nelle vesti di presidente della Dc dall’ottobre del 1976, lavorò per la mediazione tra i due partiti, fino all’esperienza del governo di solidarietà nazionale detto “della non sfiducia” (luglio 1976 – marzo 1978). Ma nel giorno del varo del quarto governo Andreotti, dopo una lunga crisi politica con l’ingresso del PCI nella maggioranza (16 marzo 1978), lo stesso Moro venne rapito dalle Br. Dopo il suo omicidio seguì una forte crisi istituzionale: poche ore dopo il ritrovamento del cadavere di Moro, Francesco Cossiga si dimise da Ministro dell’Interno. Nel 1979, anche il PCI dichiarò di considerare chiusa l’esperienza dell’unità nazionale.
L’ANNIVERSARIO – La Camera dei deputati ha di recente istituito una nuova commissione per fare luce sul caso Moro, considerati nuovi elementi emersi in tempi recenti e i dubbi mai allontanati di come, dietro il caso Moro, non ci fosse soltanto l’azione delle Br. Di recente non sono mancate nemmeno le voci sulle responsabilità dei servizi segreti nella vicenda. Intanto, a partire dal 2007, il 9 maggio è stato istituito come il Giorno della memoria delle vittime del terrorismo, simbolicamente proprio nell’anniversario dell’uccisione di Aldo Moro. Una scelta fatta per ricordare tutte le persone che persero la vita in una stagione di destabilizzazione che ancora deve essere del tutto indagata. Alla Camera è stata la presidente Laura Boldrini a spiegare come, a distanza di anni, sia ancora viva la domanda di trasparenza. La terza carica dello Stato ha spiegato come l’assassinio di Moro abbia costituito uno spartiacque nella storia repubblicana. «Se i violenti sono stati sconfitti lo si deve innanzitutto all’iniziativa di coloro che garantirono la tenuta dello Stato ed alla reazione civile della società italiana di fronte alla barbarie del terrorismo» .
Non senza sottolineare come la Camera dei deputati sia «fortemente impegnata a tenere ben viva la memoria di quella stagione e a rimuovere tutti i veli che ancora coprono la verità su quegli anni difficili e tormentati». Con la promessa di «rendere pubblico il maggior numero possibile di atti e documenti su cui hanno operato le diverse commissioni parlamentari».
Videocredit: Repubblica.it
Questa mattina è stato poi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a presentarsi in via Caetani per deporre una corona di fiori in onore di Aldo Moro. Con il capo dello Stato erano presenti anche il sindaco di Roma, Ignazio Marino, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Ma anche i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. «Un giorno simbolico, in cui ricordare alle giovani generazioni che le stragi e gli attacchi terroristici che volevano piegare l’Italia hanno trovato nel Paese una risposta che ha rafforzato la democrazia», ha commentato Delrio.
IL 9 MAGGIO: ANCHE L’ANNIVERSARIO DI PEPPINO IMPASTATO – Ma il 9 maggio è ricordato anche per l’anniversario della morte di Peppino Impastato, che pagò con la vita la sfida al boss Gaetano Badalamenti dai microfoni di Radio Aut. Impastato, ucciso da Cosa Nostra, è stato a ricordato dalla presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi: «Impastato è un esempio di come sia possibile cambiare il proprio destino di giovane cresciuto in un territorio ed in una famiglia che con la mafia aveva legami storici e profondi» , ha sottolineato Bindi. Per poi aggiungere: «E’ stato capace di ribellarsi all’omertà e alle regole di Cosa Nostra, ha indicato per nome i capi e sbeffeggiato il potere mafioso, ha coinvolto altri ragazzi come lui nella denuncia dei loro affari e nella battaglia per il riscatto sociale della Sicilia» . Bindi ha ricordato come la mafia abbia cercato di cancellare la sua memoria facendo passare il suo brutale omicidio per un incidente, «aiutata anche da alcuni uomini dello Stato infedeli». «Non c’è riuscita grazie alla tenacia della mamma e del fratello di Peppino, degli amici di Cinnisi che non si sono arresi nella ricerca della verità. E di tanta parte delle istituzioni che hanno riconosciuto in Peppino Impastato un simbolo di come sia possibile incrinare la forza delle mafie a partire dalla cultura, dall’informazione e da un impegno comune per la buona politica e la democrazia», ha concluso Bindi.