L’aumento dell’Iva cambia la pausa caffè

IL VALORE DELL’ACQUA – A questo conto vanno aggiunti i 402.902 distributori automatici di bevande calde a pulsante, per un totale nelle erogazioni di 2.905.758.718 dosi ed un fatturato di 845.979.531 euro, con un prezzo medio di 29 centesimi a bicchiere. Queste hanno una media di 7.212 erogazioni l’anno per 32,8 al giorno ed un incasso medio di 9,5 euro al giorno. Teniamo buoni i dati relativi al caffè perché torneranno utili più avanti. Concludiamo intanto l’analisi delle erogazioni e delle distribuzioni parlando delle bevande fredde, quindi acqua e succhi, il totale dei distributori è 330.401 per un fatturato di 740.846.676 euro ed un numero di erogazioni di 1.820.322.422. Il prezzo medio a prodotto è quindi di 0,406 euro a bottiglia, una media abbassate dalle 696.464.042 bottiglie d’acqua vendute in un anno dal prezzo totale di 0,27 ad erogazione.

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L’IVA DETRAIBILE – I dati non mentono e certo dimostrano come il settore goda di buona salute anche a giudicare dai numeri in ballo. Tuttavia nel bailamme mediatico degli ultimi mesi relativo all’aumento dei prezzi del caffè e dei prodotti della macchinetta è sfuggito un particolare che potrebbe far sorridere più di un professionista del settore. Il 13 gennaio 2012 la commissione tributaria provinciale di Alessandria, come riportato da Filodiritto.com, accogliendo parzialmente il ricorso di una Srl per l’annullamento o la riduzione di un accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate della città piemontese ha stabilito che il costo del caffè per alimentare la macchinetta aziendale è strettamente correlato all’attività e la stessa cosa vale anche quando viene offerto ai clienti.

UN COSTO PUBBLICITARIO – Consultingfirm aggiunge che il costo è riferibile all’impresa anche in caso di un’esigenza promozionale ed esclude l’utilità privata per l’imprenditore o per il socio di una società. Per questo, tornando alla sentenza della Ctp di Alessandria del 23 novembre 2011, numero 86, il costo per l’acquisto del caffè è deducibile e quindi l’Iva è detraibile sia se il caffè è stato offerto ai clienti sia se è stato consumato dai dipendenti. Il caffè è quindi un costo aziendale ed è quindi deducibile se parliamo di distributori collocati nei locali dell’azienda e se le bevande vengono somministrate al suo interno. Non solo, il caffè offerto è collocabile tra i costi di pubblicità e sarà quindi deducibile ai fini reddituali e sarà possibile detrarre l’Iva non definendole spese di rappresentanza.

COSA DICE LA LEGGE – Viene però ricordato che la decisione della Commissione tributaria provinciale di Alessandria rappresenta un unicum. Tuttavia rappresenta un primo mattoncino in un cambiamento epocale del diritto. Eppure, come spiegato dallo Studio Legale e tributario Morri Cornelli ed Associati, la via d’uscita è nascosta nelle pieghe del decreto del Presidente della Repubblica 633/72 perché, all’articolo 19-bis, comma 1, lettera F, recita testualmente:

non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di alimenti e bevande ad eccezione di quelli che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa o di somministrazione in mense scolastiche, aziendali o interaziendali o mediante distributori automatici collocati nei locali dell’impresa

Non solo. Il principio d’inerenza, legato al concetto della detrazione del caffè offerto per scopi pubblicitari, non è tuttora definito dal legislatore in quanto si ritiene lapalissiano che i costi personali e non dell’azienda non debbano essere ritenuti deducibili.

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CHI PAGA L’AUMENTO? – Quindi dev’essere registrato un rapporto costi-benefici a dir poco chiaro, cosa che è stata riscontrata nel caso della detraibilità per i dipendenti e gli ospiti. Ma indipendentemente da questo la norma è chiara. L’Iva è detraibile e la cosa vale anche per i distributori in cialde o capsule, equiparati agli altri apparecchi grazie alla risoluzione 124/E del primo agosto 2000. Infine, la detraibilità può avvenire su prodotti dal costo unitario massimo di 25,82 euro (lettera H D.P.R. 633/72), segno che di fatto tutto è detraibile, ricarica compresa. Ciò significa che l’aumento ricadrà essenzialmente nelle tasche del consumatore mentre le aziende potranno contare su una maggiore detrazione prevista dalla legge e dalla sentenza di una commissione tributaria provinciale.

L’AUMENTO DELLA DETRAZIONE – Del resto, come spiegato da Marcochilla, l’aliquota al 4 per cento si applicava nell’acquisto di ricariche per le macchinette comprese nel punto 38 della parte II del D.P.R. 633/72, in caso contrario si sarebbe pagata l’Iva prevista dal punto 121 parte III della stessa legge. Ed essendo stato abrogato il punto 38 della parte II con le macchinette finite al 121, ecco che l’Iva aumenta anche nell’acquisto passando dal 4 al 10 per cento con la possibilità di poter detrarre la tassa qualora l’acquisto unitario non superi i 25,82 euro. Ed ecco che le aziende potranno contare su una detrazione maggiore del sei per cento mentre al momento l’analisi si limita all’aumento di cinque centesimi a caffè. Certo sarà curioso capire a quanto ammonterà a regime la detrazione fiscale sui prodotti anche per comprendere a chi toccherà pagare l’aumento e chi ne avrà beneficio.

 

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