L’auto elettrica a due velocità

IL PROGETTO DI CONVERSIONE VENETO – Eppure qualcosa riesce a muoversi nell’ambito privato. Green Me ci parla di un kit di conversione per auto elettriche sviluppato da un consorzio di artigiani e comuni veneti, per la precisione Castelfranco Veneto, Conegliano, Follina, Montebelluna, Oderzo, Pieve di Soligo, Treviso, Vittorio Veneto, che ha presentato il progetto “SUMMIT: Sustainable Urban Mobility Management in Treviso Province”. Questo prevede due ambiti distinti: Da un lato ecco un kit di conversione per auto tradizionali, dall’altro una rete di ricarica in provincia di Treviso. Il progetto, appoggiato dalla Cna e dalla Confartigianato locale prevede un investimento di 1,15 milioni di euro. Metà di questa cifra verrà investita dall’Unione Europea tramite il programma “Life +”.

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COLONNINE DIFFUSE – Veicolielettricinews aggiunge che le amministrazioni coinvolte acquisteranno otto Volvo V60 ibride plug-in. In ognuno degli otto centri verranno costruiti dei centri per la mobilità sostenibile equipaggiati con stazioni di ricarica pubblica. Ma non solo: in ognuno degli otto centri che riceveranno una delle vetture ibride in uso saranno costituiti dei Centri per la Mobilità Sostenibile attrezzati con stazioni di ricarica pubblica per veicoli elettrici proprio per sensibilizzare anche la cittadinanza sul tema della coscienza ambientale e dei trasporti. Gli artigiani hanno ideato il kit di trasformazione delle auto tradizionali in auto elettriche facendolo testare ad altri artigiani locali con l’aiuto di università della zona. Corriere Innovazione propone anche l’esempio di una 500 riconvertita, con un investimento iniziale da parte degli attori in causa di circa 100 mila euro.

GLI ESPERIMENTI DEL PASSATO – Certo la conversione non rappresenta una novità. La Middle Tennessee State University, come ci spiega Greenstyle, ha messo a punto un apposito kit di conversione capace di far diventare ibrida una qualsiasi vettura con poche migliaia di dollari. L’invenzione riguarda un particolare mozzo ruota, il quale integra al suo interno un motore elettrico alimentato da un pacco batteria agli ioni di litio fosfato sistemato nel bagagliaio. Installando il mozzo sulle ruote non collegate al motore a combustione interna, l’azione della spinta elettrica si somma a quella del propulsore principale, facendo diventare il veicolo una sorta di mezzo a trazione integrale. Ma c’è chi ha fatto anche di più, e per questo torniamo in Italia.

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IL TENTATIVO ITALIANO – Qual Energia ci spiega che anche nel nostro Paese è stato inventato un kit di conversione, dal prezzo di 10 mila euro. La ECo (cioè Electric&Hybrid-Drive Company), uno spin-off del Politecnico di Milano, con sede in Val d’Aosta, ha sviluppato due kit. Il primo prevede la rimozione del motore dell’auto e sostituito da un generatore elettrico con piccolo motore a scoppio che alimenta una batteria che, a sua volta, fa muovere un motore elettrico di potenza sufficiente a far andare l’auto in tutte le situazioni. Quindi parliamo di un’auto elettrica con un’autonomia di 50 chilometri e ricaricata continuamente da un generatore a combustibile. Nel secondo caso invece il motore resta, ma viene affiancato da un meno potente propulsore elettrico collegato all’asse anteriore dell’auto.

IL TRASFERIMENTO TEMPORANEO IN GERMANIA – Questo viene alimentato da una batteria, ricaricabile anche esternamente. In modalità solo elettrica la macchina puo’ percorrere 40 chilometri, prima di essere ricaricata. Volendo potrebbe andare con il solo motore a scoppio o con la somma di entrambe le propulsioni, grazie all’elettronica. Le batterie sarebbero state al litio, più economiche delle attuali del 30 per cento, e magari arricchite con bucce di riso, usate come sostituti più sicuri degli anodi di silicio usati nelle batterie. Ma. In Italia la legge impedisce la modifica delle automobili senza il consenso della casa produttrice. Quindi è necessario andare all’estero, in Germania ad esempio, farla registrare in loco, come suggerisce Corriere Innovazione, e poi tornare qua con il libretto di circolazione modificato. Insomma, la soluzione ci sarebbe ma bisognerebbe passare dalle case produttrici.

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IL PROGETTO OLANDESE – Ed ora torniamo in Europa per concludere il nostro viaggio, per dimostrare come i governi del Vecchio Continente siano in grado di muoversi più agevolmente tra le novità stradali. Webnews ci racconta che l’esecutivo olandese ha siglato un accordo con l’azienda svizzera Abb e la startup locale Fastned per l’installazione entro il 2015 di torrette di ricarica rapida per auto elettriche in oltre 200 stazioni di rifornimento nel Paese, a condizione che queste siano distanti al massimo 50 chilometri tra di loro da partire da ogni punto all’interno dei confini nazionali. Ogni postazione sarà in grado di ricaricare completamente le batterie di un’automobile in un lasso di tempo compreso fra 15 e 30 minuti.

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E NOI? – Per ridurre l’impatto sull’ambiente generato dai veicoli, ogni colonnetta sarà inoltre dotata si un pannello fotovoltaico in grado di generare energia elettrica dal sole. Le prime saranno consegnate già nel settembre 2013. La Abb potrà quindi mettere al servizio de L’Aia l’esperienza maturata in Estonia, dov’è stata incaricata di installare 160 torrette. A dimostrazione di come in Europa si cerchi di favorire la soluzione del problema. Del resto le auto elettriche oggi non sono più quei mezzi pesanti a scarsa autonomia. Prendiamo la Tesla, coupé elettrica con prestazioni di tutto rispetto, a dimostrazione che volendo il problema puo’ essere superato senza grandi esborsi economici. Ma qui davvero viene il dubbio che ci sia qualcuno, specie nel nostro Paese, ancora affezionato alla vecchia auto a benzina. (Photocredit Lapresse / Webnews / Corriere Innovazione)

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