Lavoro: Jobs Act e nuove assunzioni, un po’ di chiarezza
12/05/2015 di Tommaso Caldarelli
Jobs Act e nuove assunzioni: dopo i dati dell’Inps sulle “comunicazioni obbligatorie” che hanno certificato l’aumento delle assunzioni a tempo indeterminato, sono molte le analisi e gli approfondimenti sugli organi di stampa che cercano di fare il punto su quella che, comunque la si voglia vedere, è una buona notizia; anche se, ed è questo il punto, non va sovradimensionata ma letta nel suo corretto contesto.
JOBS ACT E NUOVE ASSUNZIONI, IL QUADRO
E il contesto è quello, appunto, delle “informazioni obbligatorie” sulle tipologie di assunzione che le aziende devono inoltrare all’istituto nazionale della Previdenza Sociale.
Come ha osservato il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, le comunicazioni obbligatorie non si riferiscono alle persone ma ai contratti attivati, cessati o trasformati (molti da tempo determinato a indeterminato) relativi al solo lavoro dipendente e parasubordinato del settore privato. Poiché una stessa persona può avere più di un contratto durante il periodo di osservazione, il saldo tra attivazioni e cessazioni non può tradursi automaticamente in una variazione del numero degli occupati. Che sono invece rilevati per tutta la platea dei lavoratori (compresi pubblici e autonomi) dall’indagine Istat
I dati dell’Istat che daranno il quadro completo della situazione occupazionale, si ritiene che non saranno catastrofici ma nemmeno positivi: “Nei primi tre mesi dell’anno, [l’Istat] ha purtroppo segnalato un calo del numero degli occupati, dai 22 milioni 306 mila del dicembre 2014 ai 22 milioni 195 mila dello scorso marzo (- 111.000)”, scrive ancora il Corriere: quel che certificheranno è invece la ripresa del Pil italiano dopo tredici trimestri di stagnazione o recessione.
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JOBS ACT E NUOVE ASSUNZIONI, LE BANCHE DARANNO I MUTUI?
Insomma, la situazione italiana migliora, ma va correttamente letta. L’aumento delle assunzioni a tempo indeterminato è causata sopratutto dagli sgravi contributivi, una misura che ha un costo elevato e che, per far diventare strutturale, richiederebbe una bella quantità di fondi pubblici.
Per ora il governo può accontentarsi del netto aumento delle assunzioni a tempo indeterminato: + 24% nei primi tre mesi, rispetto allo stesso periodo del 2014. Questo dovrebbe, nelle intenzioni di Renzi, ridurre la precarietà, soprattutto tra i giovani. Ma l’operazione ha un costo molto alto. Per il 2015 il governo ha stanziato 1,8 miliardi circa, che potrebbero non bastare. Inoltre, se Renzi volesse prorogare gli sgravi, così da rendere strutturale il taglio del costo del lavoro, ci vorrebbero 5 miliardi l’anno.
Nel medio periodo, la sostenibilità del sistema Jobs Act dovrà essere verificato in base a quanti soggetti si vedranno accordati un mutuo da parte delle banche; inoltre, continua il Corriere, la complessiva situazione economica italiana vedrà una ripresa stabile in relazione sopratutto alla “crescita della produzione in risposta alla domanda interna ed internazionale”