Lazio, la truffa da 100 milioni dei ticket fantasma
13/11/2015 di Redazione
Cittadini “trasformati” in evasori e milioni di euro incassati con una maxi truffa dei ticket fantasma, a spese del Servizio sanitario regionale del Lazio. Come ha spiegato il quotidiano “La Repubblica“, protagonista una “cupola” di imprenditori della sanità in convenzione e qualche operatore infedele dei Cup, i centri pubblici di prenotazione delle prestazioni in ospedali, ambulatori o laboratori Asl.
LAZIO, LA TRUFFA DEI TICKET FANTASMA –
Secondo l’accusa, utilizzavano i dati dei pazienti per chiedere alla Regione rimborsi di esami mai effettuati:
Il meccanismo ricostruito in questi giorni dai funzionari della Regione, che hanno raccolto centinaia di segnalazioni, funzionerebbe così: il cittadino paga di tasca propria una visita o un esame. Per la stessa prestazione, il più delle volte maggiorata e accompagnata da altre mai eseguite, il Servizio sanitario regionale rimborsa per la seconda volta i privati truffaldini che ottengono introiti fino a dieci volte più alti. Sarebbero migliaia i casi già accertati. Riempiono decine di faldoni pronti a passare, tra qualche ora, dalla Regione alla procura della Repubblica. «Abbiamo incaricato l’ufficio legale», annuncia il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, commissario di governo per la Sanità regionale, «di presentare denuncia contro quanti, abusando della buona fede dei cittadini e nostra, hanno intascato soldi dai primi e dalla Regione concorrendo a dilapidare le risorse destinate alla salute di tutti», si legge sul quotidiano diretto da Ezio Mauro.
Intanto, la Regione ha appena avviata una maxi-operazione per recuperare il gettito evaso:
«Sono già 25mila i cittadini che, ricevuta una lettera di “avviso bonario”, (le “cartelle pazze” per dirla con l’opposizione di centrodestra che contesta l’operazione), hanno riconosciuto il mancato pagamento e versato il dovuto alimentando, in pochi giorni, un gettito di tre milioni. Sono «328mila», fa sapere la Regione, i casi sospetti: tanti i contribuenti risultati esentati per reddito senza però averne diritto. E trapela una prima stima «prudenziale» del possibile gettito: 100 milioni. «Le somme che saranno recuperate», annuncia Zingaretti, «potrebbero servire ad assumere buona parte dei 2.600 precari in panchina da anni».
COME FUNZIONAVA LA TRUFFA DEI TICKET –
C’è però anche un meccanismo doloso, un sistema che va oltre l’intenzione del singolo paziente. Spesso “usato” a sua insaputa, con tanto di tessera sanitaria, per ricavare guadagni illegali:
«Da chi? Da cliniche, laboratori e ambulatori privati convenzionati e da operatori dei centri di prenotazione che, in ospedali e Asl, funzionano anche da cassa per la riscossione del ticket. Partiamo da questi ultimi. Condotte nel più stretto riserbo, le indagini hanno fatto affiorare il meccanismo truffaldino: riscosso il ticket, l’addetto intasca la somma e storna la fattura. Poi attribuisce al cittadino ignaro lo status di “ticket free”, esente per reddito. Sotto osservazione è finito l’operato di una quindicina dei 2mila addetti. Dalla ricognizione amministrativa emerge un’altra fattispecie ancora più fraudolenta: l’assistito bussa alla porta di una clinica, ambulatorio o laboratorio convenzionato e questo “carica” sul rendiconto da presentare alla Asl altre prestazioni inesistenti oltre a quella davvero eseguita, attribuendo al cittadino inconsapevole un’esenzione fittizia dal ticket. Come? Appone sulla certificazione il codice E0 che, accompagnato da un numero, da 1 a 4, indica le varie categorie esentate per reddito. E un altro migliaio di casi è finito così sotto esame. Grazie ai cittadini. Infuriati, con in pugno l’avviso di pagamento del ticket già versato, si presentano agli sportelli della Regione fornendo, con indicazioni preziose, la documentazione che accredita la loro buona fede, fa emergere la truffa e tremare i polsi di tanti privati accreditati. Infine, in crescendo, ecco gli imprenditori della sanità in convenzione che, di fronte al cittadino davvero esentato dal ticket, per reddito o patologia, aggiungono a piene mani codici di prestazioni mai eseguite nel conto da presentare per il rimborso».