Le multinazionali che distruggono il futuro
18/07/2012 di Redazione
Nella città brasiliana di Paulinia Shell e Basf hanno prodotto per anni l’insetticida Aldrin. Gli abitanti ne hanno sofferto, e molti dei loro figli ne hanno pagato le conseguenze. Un caso di scuola dei danni ambientali provocati dalle multinazionali nei paesi in via di sviluppo, raccontato fa Süddeutsche Zeitung.
MALAPRODUZIONE – Ad un certo punto la signora Ciomara Rodrígues si è accorta che qualcosa non andava bene nel suo fisico. Dalla sua infanzia la donna brasiliana viveva a Paulinia, nelle vicinanze di una fabbrica chimica sita nelle periferie di San Paolo. I suoi due figli sono nati in questa città, ed il più grande rimetteva sempre e aveva problemi di diarrea ogni volta che lei lo allattava. Oggi il ragazzo soffre per problemi alla milza, mentre la madre ha danni al fegato, è in cura per la depressione, sicure conseguenze dell’insetticida Aldrin e di altre sostanze tossiche. La signora Ciomara non si era però mai posto il problema, prima che scoppiasse lo scandalo dello stabilimento della Shell. L’azienda olandese si era proposta in modo molto serio, e dal 1977 fino al 1992 aveva prodotto a Paulinia sostanze per proteggere le piante. L’attività era stata poi ceduta a Cyanamid, azienda statunitense, e poi alla tedesca Basf. “Chi poteva immaginare cosa facevano contro di noi”, si chiede ora disperata Ciomara Rodrígues. SZ cita il caso di un’altra donna brasiliana, Bendita Mary Andrade, alla quale la sostanza tossica ha provocato molti più danni. L’Andrade ha lavorato nove anni alla Shell, e suo figlio è nato con malformazioni al cervello, provocati dall’insetticida prodotto.
RISARCIMENTO DANNI – Entrambe queste donno appartengono al gruppo di querelanti che anni fa ha intentato una causa alla Shell. L’impianto di Paulinia è chiuso dal 2002, dopo aver provocato molti problemi alla salute degli abitanti della zona. Almeno sessantuno persone sono morte per tumori o altre malattie provocate dall’inquinamento nell’acqua, nell’aria e nel terreno della zona vicina alla fabbrica. Più di cento persone tra dipendenti e abitanti hanno chiesto risarcimenti danni, ma ora come ieri vige un discreto caos giurisprudenziale. Le corti brasiliane hanno condannato sia Shell che Basf, ma finora i soldi sono stati dati solo alla giustizia del paese, visto che l’azienda tedesca si rifiuta di pagare risarcimenti per danni provocati a suo giudizio dal colosso petrolifero olandese. Il conto da saldare è piuttosto salato, visto che si parla di circa 440 milioni di euro, e solo quando saranno chiarite le responsabilità di Shell e Basf si potrà procedere ai risarcimenti individuali sanciti dalle corti brasiliane. Un altro caso tipico della forza delle multinazionali, che rischiano a dilazionare i costi dei danni provocati dal loro operato nei paesi più poveri. In questi anni il Brasile è cresciuto molto, ma nei decenni scorsi era sede di investimenti ad alto rischio. Il caso Shell Basf assomiglia molto per SZ ad un altro episodio che coinvolge un altro colosso del petrolio.