Le multinazionali che distruggono il futuro

SIMILITUDINE – In molti aspetti la vicenda che coinvolge Shell ricorda il caso di Chevron-Texaco in Ecuador. A Lago Agrio, nel territorio amazzonico, il gigante petrolifero ha trivellato oro nero per anni, contaminando l’area. Quando la Chevron ha abbandonato l’impianto di estrazione, ha lasciato dietro di se un disastro ecologico. Nel 1993 partì la denuncia collettiva, fatta da 30 mila persone, contro il gruppo americano, che nel febbraio del 2011 è arrivata a conclusione con una condanna ad un maxi risarcimento di 18 miliardi di dollari. Un trionfo della giustizia per gli attivisti ambientali del paese sudamericano, che però sembra ancora molto lontano dalla conclusione. La Chevron sta spendendo decine di milioni di dollari in lobbisti per convincere i parlamentari americani a difenderla, mentre neppure il Brasile fa nulla per paura di perdere i contratti di fornitura stretti col gruppo statunitense. La Chevron ha avuto l’anno scorso un profitto di 27 miliardi di dollari, ma non vuole assolutamente pagare per la causa in Ecuador.

SPERANZE DI FUTURO – La vicenda di Paulinia evidenzia il lato oscuro che spesso vede protagonisti i grandi attori del capitalismo mondiale. L’ex dipendente del gruppo Shell Benedita Mary Andrade spera ancora di ricevere i soldi a lei assegnati dal tribunale, anche perché deve occuparsi di un figlio disabile. Un handicap figlio dei suoi anni di lavoro nell’impianto che produceva sostanze tossiche. ” Il denaro non lo renderà sano, ma almeno potrei garantirgli un futuro. E’ così doloroso sapere che il mio lavoro è la causa dei suoi problemi”. Poco distante dalla sua casa, di fronte all’ex stabilimento chiuso ormai da dieci anni, si possono leggere i cartelli appesi sui cancelli della fabbrica. “Divieto di accesso, rischi per la salute”.

 

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