Cosa prova un ragazzino che si suicida per i bulli su internet?
22/11/2012 di Alberto Sofia
A volte gli insulti virtuali fanno più male di quelli “reali”. Deriso, sconvolto, non è riuscito ad accettare le prese in giro dei compagni di scuola, che lo irridevano perché aveva deciso di mettersi lo smalto alle unghie e perché amava vestirsi di rosa. Così, una volta ritornato da scuola, ha deciso di farla finita, legandosi una sciarpa al collo. Il dramma del piccolo Davide – un nome di fantasia – è una storia che lascia senza parole. Ma non è certo l’unico caso di cyberbullismo, una nuova forma di violenza che corre sul web, attraverso social network, mail private e sms. Sconvolgendo la serenità e la reputazione di tanti ragazzini.
IL DRAMMA – A raccontare per primo il dramma del giovane ragazzo è stato il Corriere della Sera. A fare da sfondo alla brutta storia un’altra grave forma di discriminazione, quella legata agli orientamenti sessuali, in un paese dove l’omofobia resta una minaccia reale. Davide veniva infatti insultato on line per la sua omosessualità. A quell’età non è certo facile reggere le pressioni di una società ancora troppo chiusa, fin dalle prime generazioni. Scrive Rinaldo Frignani sul Corriere:
La sua morte è stata istantanea. A trovare il corpo è stato il padre, inutili sono stati i soccorsi. Un amico ha subito contattato l’Help Gay Line, il numero di assistenza per chi vuole denunciare casi di pregiudizio e violenza. Una struttura (che risponde all’ 800713713) collegata al Gay Center che a sua volta riunisce una serie di associazioni a livello nazionale. «Abbiamo sentito anche altri ragazzi della scuola frequentata dal suicida—racconta il portavoce Fabrizio Marrazzo —, altri li abbiamo ascoltati direttamente nell’istituto. A quanto pare il ragazzo era gay, cosa nota ai suoi amici e anche ad altri che lo prendevano in giro. Chiediamo che venga fatta luce sulle ragioni del suicidio. E se tra queste ci sono forme di discriminazione per la sua dichiarata omosessualità».
LE REAZIONI – Tra i primi a denunciare il fenomeno, dopo il gesto estremo del ragazzino, sono stati i membri del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli.”Ancora una volta registriamo un episodio di bullismo ignorante che colpisce chi si trova in un’età delicatissima di affermazione della propria identità, spesso in un contesto sociale e familiare ostile o indifferente”, hanno dichiarato. Il circolo lancia poi un appello alle istituzioni: “Da tempo reclamiamo l’estensione della legge Mancino ai reati di stampo omofobico”. Anche perché, si legge nel comunicato, “non pochi – anche tra i media – minimizzano questi casi a semplici bravate, insulti e ingiurie: un atteggiamento che risulta terribilmente complice”. Per ricordare Davide, il Circolo – insieme a Queerlab, l’Associazione Radicale Certi Diritti e Luiss Arcobaleno – ha organizzato per questa sera, alle 19.30, una fiaccolata che partirà da via di San Giovanni in Laterano (Coming Out) per arrivare al Liceo Cavour in Via delle Carine, 1. L’invito è quello di indossare un capo rosa, lo stesso colore tanto amato dal ragazzino.
VIOLENZA – Oltre all’omofobia e a chi pensa di minimizzare il tutto, bisogna però anche respingere chi semplifica questi gesti attraverso la criminalizzazione del web. La violenza dei bulli non nasce certo con internet e i social network, ma è una cattiva abitudine che è sempre esistita. Semplicemente adesso sfrutta nuovi canali per esprimere tutta la sua negatività. Certo, la potenza può essere amplificata: non poche sono le ricerche – come un’indagine di Educazione & Scuola – che mostrano come quella in versione 2.0 sia una forma di violenza ancora più grave. Secondo diversi sociologi, parolacce, offese, minacce e botte reali sembrano agire sulla psiche meno di quanto incidano gli insulti che corrono on line. Questo perché sul web si viene colti di sorpresa e non c’è il tempo di attivare quei meccanismi di autodifesa – noti come coping psicologico – utilizzati durante le aggressioni reali.
I PRECEDENTI – Quello di Davide è soltanto l’ultimo dramma. I casi di cyberbullismo aumentano in modo vertiginoso negli ultimi tempi. Si pensi a quello di Amanda Todd, la ragazzina che si è uccisa per la vergogna di uno scatto eccessivo, un seno fotografato che ha rovinato la sua esistenza. Non era riuscita a resistere alle richieste di un uomo più grande di lei, che l’aveva convinta a farsi fotografare. Un’immagine poi utilizzata nei tre anni successivi per bullarsi di lei. Anche Amanda non è riuscita a sopravvivere al senso di frustrazione, tanto da togliersi la vita a 15 anni. Era il suo terzo tentativo di suicidio. Un caso su cui ha poi indagato anche Anonymous, per scoprire l’uomo che si è preso gioco in modo vergognoso di lei.
ANCHE FELICIA – Pochi giorni dopo il caso Todd, un’altra ragazzina si è tolta la vita per motivi simili. Con un ultimo tweet pubblicato sul social network, la 15enne Felicia Garcia di New York City ha rivelato on line la sua disperazione, prima di gettarsi sotto un treno a New York City. Tutta colpa dei continui insulti degli amici, anche on line: piccoli delinquenti che a lungo l’hanno tormentata per presunti incontri sessuali che avrebbe avuto con dei giocatori di football. Si è uccisa di fronte ai suoi stessi compagni di classe, in una stazione ferroviaria di Staten Island. I suoi amici hanno dichiarato come il suo grido di aiuto su Twitter fosse il segno che il bullismo era diventato ormai intollerabile. “Non posso. Lo faccio. Mi arrendo”, ha scritto la giovanissima. Nessuno però ha fatto nulla per aiutarla.
IL GIOVANE DISABILE – C’è poi la storia del piccolo Jaylen Arnold, quasi commovente per la sua capacità di resistere e voltare pagina. In questo caso, però si trattava di una forma tipica di bullismo adolescenziale, portata avanti tra i banchi di scuola contro il dodicenne di Lakeland, in Florida. Un ragazzo disabile, affetto dalla sindrome di Tourette. In pratica, un disordine neurologico che provoca numerosi tic nervosi, spasmi incontrollabili e una serie di disturbi del linguaggio. E come spesso accade, oltre agli omosessuali o presunti tali, sono i disabili e i diversi le vittime preferite dei piccoli ignoranti. Tanto che Jaylen è diventato presto il bersaglio dei suoi compagni. Ovviamente, lo stress subito dal bambino ha aggravato la sua condizione: i tic sono diventati più violenti e, non di rado, Jaylen arrivava a ferirsi involontariamente. I medici gli hanno consigliato di lasciare la scuola per un po’, sperando in un ritorno alla normalità. Ma il ragazzo ha resistito. Fino a diventare un’icona, un simbolo di resistenza attiva al bullismo. Ha infatti fondato la Jaylens Challenge, una fondazione che promuove l’integrazione dei bambini disabili nelle scuole e che mette in guardia sul grave fenomeno delle violenze dei coetanei. Lo stesso che porta ai gesti estremi di tanti ragazzini che non hanno la sua stessa capacità di resistere.
LA RICHIESTA – Ma Jaylens non è stato l’unico a dire no. L’idea di lanciare una petizione, con tanto di raccolta firme, per una legge contro il cyberbullismo è arrivata da due ragazzini italiani. Un’iniziativa partita dal basso, da due utenti probabilmente ancora minorenni, ma non per questo meno attenti al dramma che un numero insospettabilmente alto di ragazzini in tutto il mondo è costretto a subire. Minacce e ricatti online dai loro stessi coetanei, una spirale di odio e angoscia che, talvolta, può portare a conseguenze estreme.
LE STATISTICHE – Intanto le stesse statistiche dimostrano la gravità della situazione. Anche se, quelle sui casi italiani, dimostrano come nel nostro paese qualcosa, in termini di prevenzione, è stato fatto. In Italia il 28% dei giovani tra gli 8 e i 17 anni è stato vittima di molestie online. Un dato in controtendenza rispetto alla media registrata in altri 25 paesi esteri, dove la stessa media è superiore del 9%. Questo grazie alla sensibilizzazione sul tema all’interno delle scuole e al ruolo svolto delle famiglie. Alta resta nel nostro paese la conoscenza del fenomeno (69% rispetto al 57% nel resto del mondo), così come vivo è l’interesse dei genitori (62% contro il 54%) in merito. Tutto questo influisce sulla percentuale delle vittime e sul numero di responsabili di atti bullismo: la soglia si attesa al 16%, rispetto alla media mondiale del 24%. Certo tanto può essere ancora fatto, compresa una legge, così come richiesto dai due minorenni. Un’iniziativa subito rilanciata su Twitter con l’hashtag #noalcyberbullismo, diventato trending topic in poche ore. Ma soprattutto bisogna prendere provvedimenti contro le cause che si nascondono dietro le violenze, prima tra tutte l’omofobia. Come nel caso sfortunato di Davide.
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