Lea Garofalo: Cassazione conferma 4 ergastoli

Oggi, dopo il rinvio del 5 dicembre, arriva il verdetto, definitivo, sull’omicidio di Lea Garofalo: confermati i quattro ergastoli.

LEA GAROFALO - Testimone sulle faide della 'Ndrangheta, denunciò diversi omicidi compiuti da un clan rivale a quello della sua famiglia. Fu rapita, torturata e uccisa il 24 novembre 2009
LEA GAROFALO – Testimone sulle faide della ‘Ndrangheta, denunciò diversi omicidi compiuti da un clan rivale a quello della sua famiglia. Fu rapita, torturata e uccisa il 24 novembre 2009

Lea fu uccisa a Milano il 24 novembre 2009. Testimone di giustizia sottoposta a protezione dal 2002, decise di raccontare le faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco, oggi condannato ad ergastolo secondo la Cassazione. I giudici hannno quindi confermato il verdetto emesso dalla corte di assise di appello di Milano il 29 maggio 2013 anche per gli altri tre imputati, Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Confermati anche i 25 anni di reclusione inflitti al pentito Carmine Venturino, il qual, dal carcere, iniziò a collaborare con gli inquirenti facendo ritrovare i resti della donna in un campo in Brianza.

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LEA GAROFALO: UN OMICIDIO PREMEDITATA – Cosco attirò l’ex in via Montello 6. Una scusa: parlare della loro figlia Denise. Alcune telecamere inquadrarono entrambe nelle ore del pomeriggio vicino al cimitero Monumentale. La morte della donna fu organizzata precisamente: dal rapimento, con un furgone di un cittadino cinese, fino alla bruciatura del cadavere. Sabatino e Venturino rapirono Lea e la consegnarono a Vito e Giuseppe Cosco. La donna fu torturata per ore prima di morire in modo barbaro. Come ricordò il Giornale:

“La bastarda se ne è accorta”. La “bastarda” era Lea Garofalo, calabrese, la prima pentita della ‘ndrangheta al nord. Fu lei, senza venire creduta, ad alzare il velo sugli affari dei clan guidati da suo marito Carlo Cosco nel cuore di Milano. E quella frase terribile è l’epitaffio che il marito le dedicò, raccontando di come la aveva uccisa, un pomeriggio di novembre del 2009.
A raccontarlo oggi è uno degli uomini che distrusse il suo corpo, in un magazzino alle porte di Monza: Carmine Venturino, picciotto al soldo del clan Cosco. Nell’aula della corte d’assise d’appello, alla presenza degli imputati e di Denise, la figlia di Lea, Venturino mette a verbale con freddezza un racconto agghiacciante.

(Credits foto LaPresse)

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