L’elogio della donna scostumata
26/06/2014 di Gabriele Guarino
Quelle pochissime volte in cui la sentiamo ancora pronunciata, usata come aggettivo, la parola <scostumata> allude a maleducazione, assenza di buone maniere e di autocontrollo. A volte descrive un atteggiamento della donna dissoluto e immorale.
Una ragazza scostumata era sì poco rispettosa di regole e costumi in una società pudica e pettegola ma anche sostenitrice sfacciata di testardaggine e indipendenza. Non era succube del maschio, vestiva e si conciava in modo eccentrico, si esprimeva in modi e con gestualità non convenzionali.
Era guardata, invidiata, additata, sbeffeggiata, insultata, ammirata, seguita e, spesso, amata.
Sicuramente faceva spesso scandalo ma non per questo era meno degna di essere onorata e rispettata.
Le dive del cinema, della musica e dello spettacolo evocano per prime grandi ricordi. E’ innanzitutto lì che trovi le scostumate che hanno fatto crescere l’Italia, aiutate dal mestiere che le offriva una visibilità privilegiata.
Pensiamo per un minuto ad Anna Magnani.
Al suo carisma, alla sua forza, alla sua caparbietà.
E guardiamo le sue interviste, oltre che i suoi film.
Noteremo delle forti espressioni in dialetto, i capelli spesso scomposti, la sua grande ironia, l’andare diretta al punto, il non avere paura di fare nomi nè di dare un nome alle cose, senza usare mezzi termini nè compromessi nel linguaggio. Il suo essere un personaggio scomodo soprattutto agli occhi degli uomini.
Più piacenti e con meno spigoli, e forse per questo più ben accette, Mariangela Melato e Monica Vitti, che con le loro magistrali caratterizzazioni hanno trainato l’immagine della donna negli anni. Illuminati registi come Mario Monicelli, Michelangelo Antonioni, Ettore Scola, Luciano Salce, Lina Wertmüller, Steno e Luca Ronconi a teatro, ne hanno saputo cogliere la forza e non ne hanno avuto paura. Molti dei nostri grandi attori come Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Giancarlo Giannini, le hanno sapientemente affiancate e rese ancora più ammirate dagli uomini, ma soprattutto dalle donne, che vedevano in loro modelli cui ispirarsi.
Alcune scostumate hanno fatto epoca, hanno creato mode, hanno contribuito all’evoluzione del pensiero, hanno combattuto per l’abbattimento di taboo e di abitudini superate.
Ricordiamoci degli scandali e dell’impertinenza di Patty Pravo, del rock di Nada e della prima Gianna Nannini, del sorriso sfrontato di Marisa Merlini, di Tina Pica, adorabile voce della coscienza, Gabriella Ferri e i suoi guizzi di colore e della Sora Lella, nonna scostumata adorabile.
Ricordiamoci delle scostumate pur nella loro incantevole compostezza: la Mina della TV e dei concerti, il giornalismo coraggioso e coerente di Miriam Mafai, l’impegno di Tina Anselmi, la satira acuta di Franca Valeri e Bice Valori, Ave Ninchi, caratterista spumeggiante accanto a Totò ed Aldo Fabrizi, Maria Montessori, contestata ma inamovibile, Matilde Serao, amabile giornalista.
Delle scrittrici e poetesse, e per questo meno di massa ma capaci di scuotere animi e coscienze: Grazia Deledda, Alda Merini, Lidia Ravera, Oriana Fallaci.
Donne italiane che si sono battute per la conquista di diritti importanti, passionali, scontrose, sanguigne, spregiudicate, trasgressive, ognuna nella sua epoca, che hanno saputo affrontare l’ostilità del mondo, contribuendo nel cambiarlo o dettando le linee guida per farlo.
Queste sono le scostumate che mi sento di ringraziare ed elogiare per il loro grande coraggio.
Vorrei poter dire di vederne ancora molte in giro, ma così non è, purtroppo.
La donna di oggi, quando è troppo sicura di sè, risulta spesso aggressiva e esageratamente sfrontata a vantaggio di un modello timorato, ossequioso e omologato che ha paura di innovare (o non ne ha la voglia) e quindi non rischia nè si spinge oltre.
Vorrei che le donne scostumate di oggi ritrovassero sè stesse, riscoprendosi motore del cambiamento, e si riappropriassero sfacciatamente di quel ruolo che è già appartenuto loro in passato.
Photocredit copertina: Getty Images