L’indipendenza energetica italiana passa dalle rinnovabili
07/04/2014 di Maghdi Abo Abia
La sera del 28 settembre 2003, giorno del grande black out che interessò l’Italia, Sardegna esclusa, il nostro Paese stava importando dall’estero il 25 per cento del suo fabbisogno energetico. Oggi, dopo quasi 11 anni da quella sera siamo arrivati al 17 per cento, dati Terna, segno che il nostro Paese è avviato al raggiungimento dell’autosufficienza energetica, grazie allo sviluppo delle energie rinnovabili che hanno rappresentato, almeno per il nostro Paese, una miniera d’oro.
L’ANALISI DEL GSE – Lo scorso tre aprile il Gse, Gestore Servizi Energetici, qui in un documento raccolto da Greenstyle, ha comunicato che il settore delle rinnovabili oggi genera un terzo dell’energia consumata in Italia e garantisce quasi 200.000 posti di lavoro. Numeri importanti che dimostrano come, nonostante il peso degli incentivi, questo sia uno dei pochissimi settori nel nostro Paese in grado di catturare investimenti. Nel 2012 i nuovi impianti di energia pulita hanno dato lavoro a 137 mila persone mentre sono 53 mila coloro che sono stati collocati negli impianti esistenti, per un investimento complessivo nello stesso periodo di 12,6 miliardi di euro.
LA TARIFFA A3 – Nel 2013 gli incentivi complessivi erogati dal Gse hanno raggiunto quota 11,26 miliardi di euro, cifra coperta dalla componente A3 in bolletta, calcolata per un valore annuo complessivo di 92 euro per una famiglia che ne spende in totale 518 euro. Nel corso degli ultimi mesi si è sostenuto che l’incentivazione nel settore fosse eccessiva in quanto mortificava gli investimenti degli attori dell’energia nel termoelettrico e nelle fonti di energia tradizionale, tanto che in Italia e negli altri Paesi si è arrivati ad una progressiva diminuzione degli incentivi con l’obiettivo di non sbilanciare il mercato. Ma il valore dell’investimento iniziale per il nostro Paese è dimostrato dal fatto che ora, come ricorda Repubblica, aumentano gli investimenti da parte dei fondi di private equity che vedono nel rinnovabile tricolore un forte elemento di business.
IL RENDIMENTO ITALIANO – In Italia il rendimento di un megawatt di fotovoltaico installato, pari a circa due ettari di terreno, rende tra il 10 ed il 13 per cento. Un profitto interessante, visto e considerato che negli ultimi sei anni il settore ha attirato investimenti per circa 70 miliardi di euro, cifra a cui va inclusa il sostegno con incentivi pubblici. attirato 70 miliardi di investimenti sostenuti da forti incentivi pubblici. Ed a proposito di pubblico, al Renewable Energy Summit di Milano è emerso che l’investimento nel settore è profittevole sia per il prezzo di un megawatt italiano, il cui valore unitario è inferiore a quello tedesco, sia per via della normativa incerta del nostro Paese.
LE VENDITE – In sostanza, c’è possibilità di fare soldi. La prima ad accorgersene è stata Terna che nel 2011 ha venduto i suoi 240 megawatt di fotovoltaico al fondo inglese Terra Firma che a sua volta ha rilevato nel 2013 da Acea 60 megawatt di fotovoltaico. GdF-Suez ha venduto nel 2013 oltre 550 megawatt di eolico a Erg Renewables. Edison punta a vendere i suoi 700 megawatt di eolico con la tedesca E.On che pensa a cedere la sua divisione italiana, includendo i 2000 megawatt in sua dotazione tra idroelettrico, eolico e fotovoltaico. A leggere questi numeri si può pensare ad una dismissione, ma in realtà avviene l’esatto contrario. Gli investimenti sono caratterizzati da un sistema d’incentivazione statale ventennale e questo garantisce rendimenti sicuri.
IL CROLLO DEL COSTO DELLA PRODUZIONE – Tuttavia, ricorda Massimo Sapienza, Ceo di Palma investimenti, l’incertezza normativa ed il tentativo di annullare leggi in maniera retroattiva rende l’Italia interessante dal punto di vista dei rendimenti. Ma probabilmente non è solo questo a rendere il nostro Paese appetibile. Negli ultimi cinque anni, grazie agli incentivi, il settore è cresciuto di 90 volte arrivando ad un valore complessivo di 25 mila megawatt tra eolico e fotovoltaico. L’ingresso nel settore poi di produttori cinesi ha abbattuto i costi di produzione, tanto che oggi un megawatt costa un milione di euro, quattro volte meno del suo valore nel 2008. E si stima che nel 2016 il costo possa arrivare a 600 mila euro. E più calano i prezzi più diventa profittevole investire per accrescere la produttività.