L’Italia cura la crisi col petrolio
14/01/2014 di Dario Ferri
L’Italia punta sul petrolio per uscire più facilmente dalla crisi. Negli ultimi anni il nostro paese ha facilitato il quadro normativo per favorire un incremento delle trivellazioni, per sfruttare le risorse fossili che pongono l’Italia al terzo posto in Europa per barili di petrolio. Una scelta che ha attirato l’attenzione delle grandi multinazionali energetiche, ma che da tempo si scontra con la resistenza delle popolazioni locali.
BASILICATA, TEXAS- Il Wall Street Journal racconta come l’Italia stia cercando di mitigare la crisi con un maggior sfruttamento delle sue risorse petrolifere. La maggior parte di esse sono concentrate in una delle più poveri regioni del nostro paese, la Basilicata. Il quotidiano finanziario nota come la Basilicata sia stata soprannominata il Texas dell’Italia per le sue riserve di petrolio così abbondanti da emergere in superficie. Negli scorsi decenni lo sfruttamento dell’oro nero è stato limitato dalle resistenze delle amministrazioni locali che chiedevano una maggior compartecipazione alle risorse economiche generate dalle trivellazioni. Ora però, come rimarca il Wall Street Journal, « il governo italiano, alla ricerca affannata di nuove entrati fiscali e di possibilità di creare nuovi posti di lavoro per ravvivare un’economia prostrata da anni di recessione, sta facilitando le normative al fine di favorire le grandi compagnie petrolifere ad investire nel paese, a partire dalla più grande azienda italiana, l’Eni, controllata al 30% dallo stesso esecutivo».
SPERANZA PETROLIO – Il Wsj sottolinea come il nostro paese si sia prefisso di raddoppiare la produzione annuale di petrolio per il 2020, così da diminuire le importazioni di circa un quarto. Marco Brun, dirigente di Royal Dutch Shell, rimarca come questo sia il momento giusto per investire in Italia. Al quotidiano finanziario Brun spiega come Shell intenda triplicare gli investimenti fatti finora, spendendo diverse centinaia di milioni di euro nel nostro paese. L’Italia ha riserve petrolifere stimate per un miliardo e quattrocento milioni barili di petrolio, la terza nazione in Europa dopo la Norvegia ed il Regno Unito secondo le statistiche di British Petroleum. La maggior parte delle riserve del nostro paese è concentrata in Basilicata, dove da tempo le amministrazioni locali hanno posto vari ostacoli alla produzione di petrolio. L’Eni ha impiegato molto tempo durante gli anni novanta per trovare un accordo su come dividere le risorse provenienti da Val d’Agri, il primo campo petrolifero europeo della compagnia petrolifera.
FAVORI PER L’ORO NERO – L’anno scorso è cambiata la legislazione italiana al fine di garantire alle amministrazioni locali maggiori risorse provenienti dalle attività di sfruttamento petrolifero site sui loro territori. Sono state semplificate anche le procedure per le trivellazioni offshore, anche se lo scorso settembre il ministero dello Sviluppo ha dimezzato le aree disponibili. Il processo di concessione è stato centralizzato, così da agevolare le trattative con le aziende energetiche. Il cambiamento introdotto nelle normative, rimarca il Wall Street Journal, ha determinato un aumento della produzione quotidiana di petrolio a 112 mila barili al giorno, dopo anni di continui cali. Se questa quota fosse raddoppiata, verrebbero creati 25 mila nuovi posti di lavoro, generando nuovo gettito fiscale per circa 3 miliardi di euro. Un incremento che permetterebbe all’Italia di raggiungere il suo obiettivo di tagliare di circa 14 miliardi di euro le sue importazioni energetiche, attualmente pari a 62 miliardi di euro.
RESISTENZE LOCALI – Secondo il Wall Street Journal l’Italia potrebbe centrare i suoi obiettivi già nel 2016 grazie agli investimenti già progettati per due campi estrattivi in Basilicata. Nel campo di Val D’Agri la produzione quotidiana si assesta intorno agli 85 mila barili di petrolio al giorno, ma Eni e Shell cercano permessi per aumentarla a 129 mila. Il campo più promettente si trova nei pressi di Tempa Rossa, che dovrebbe avere riserve per 440 milioni di barili di petrolio. Se queste previsioni fossero confermate, si tratterebbe del più grande campo inesplorato dell’Europa occidentale. Il Wsj rimarca come le resistenze da parte degli ambientalisti così come dei politici locali non siano sparite. Nel 2012 la Basilicata ha introdotto un divieto su nuovi permessi di inquinamento da idrocarburi per paura di troppe attività estrattive sul suo territorio, una norma poi bocciata dalla Corte costituzionale. Negli scorsi mesi ci sono state varie proteste da parte degli ambientalisti, culminate nella catena umana sulla spiaggia di Corigliano per opporsi a nuove trivellazioni. I gruppi che si battono per la tutela dell’ambiente rimarcano come il raddoppio della produzione petrolifera distruggerebbe un rilevante patrimonio ambientale, solo per diminuire di un quarto la bolletta energetica del nostro paese.