L’Italia ha dato 60 mila euro di risarcimento a un jihadista poi morto in Siria
13/11/2014 di Redazione
Catanzaro: Brahim Garouan era stato arrestato per terrorismo in Italia, ma poi era stato rilasciato con tanto di inchiesta archiviata. L’uomo è morto in Siria l’aprile scorso sotto i bombardamenti del regime di Assad e ora lo Stato lo ha risarcito con 60 mila euro per otto mesi e otto giorni di galera. Soldi per l’ingiusta detenzione che ovviamente non potrà intascare in quanto deceduto, ma soprattuto l’uomo è considerato innocente in Italia e presunto terrorista all’estero.
LE INDAGINI E L’ARCHIVIAZIONE – La storia ha avuto inizio nel 2011, quando la Digos aveva arrestato Garouan assieme al padre Mohammed e a Younes Dahhaki. Secondo quanto riportato da Repubblica, i tre erano tenuti sotto controllo da tempo in seguito ad una segnalazione dei servizi segreti e dopo una serie di indagini erano scattate le manette con l’accusa di essere addestratori di terroristi islamici. Mohammed Garouan era Imam di Sellia Marina, dove esiste una delle moschee più importanti della regione. La Digos e la polizia postale avevano controllato i tre per ben tre anni, scoprendo una vera e propria attività di addestramento messa in piedi a Sellia, con tanto di video che spiegavano le tecniche per diventare un cecchino, per realizzare una cintura esplosiva e preparare ordigni in grado di far saltare in aria anche mezzi militari. Durante le perquisizioni erano stati trovati video tratti dal web e 300 dvd nuovi che secondo l’accusa dovevano essere utilizzati per copiarvi le istruzioni da distribuire poi ai potenziali adepti. La tesi però è franata in Cassazione e gli avvocati Vittorio Platì, Enzo Galeota, Maria Chiara Paone e Francesco Iacopino erano riusciti a far scarcerare i tre sostenendo che il terrorismo virtuale non esiste, tesi avvallata anche dalla Corte : «Il terroristmo virtuale, fatto di manuali e corsi di formazione, finalizzati a formare il perfetto terrorista, capace di puntare e colpire l’obiettivo da infallibile cecchino, così come di preparare e utilizzare l’esplosivo, non è reato».
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IL RISARCIMENTO – Per i magistrati quindi non erano punibili e per i tre, oltre la scarcerazione, è arrivata anche la richiesta della Procura per l’archiviazione, poi accolta dal Gip Giannina Mastroianni. Una volta liberi padre e figlio sono partiti per il Marocco. Nello scorso mese di aprile Brahim è rimasto ucciso da un bombardamento in Siria, anche se secondo l’avocato Platì non vi è «la prova ufficiale della sua morte e del suo coinvolgimento in azioni terroristiche». Nei giorni scorsi poi è arrivata una prima sentenza che ha assegnato 62 mila euro per ingiusta detenzione a Younes Dahhaki, mentre una seconda sentenza ne ha assegnati poco meno di 60 mila a Brahim Garouan. I giudici devono ancora decidere per il risarcimento al capo della moschea. Nel frattempo i legali di Brahim stanno cercando di fare in modo che il risarcimento di Brahim possa andare ai suoi familiari.
(Photocredit: Abid Katib/Getty Images & MAHMUD HAMS/AFP/GettyImages)