L’Odissea del registro dei cattivi pagatori

LE ALTRE BANCHE DATI – La Crif non è però l’unica banca dati presente nel nostro Paese, difatti esistono categorie “differenziate” a seconda della cifra “protestata”. Parliamo della centrale rischi pubblica, gestita dalla Banca d’Italia, nata per occuparsi di finanziamenti d’importo superiore a 75 mila euro. Poi c’è la centrale rischi pubblica gestita dalla Società Interbancaria per l’Automazione (Sia), il cui operato viene giudicato dalla Banca d’Italia per finanziamenti compresi tra 30 mila e 75 mila euro, fino ad arrivare alle centrali rischi private per finanziamenti il cui valore è inferiore a 30 mila euro.

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IL PASSATO – Prima dell’entrata in vigore del Codice di deontologia per i sistemi di informazioni creditizie (2005), le centrali rischi private conservavano il nominativo dei “cattivi pagatori” (ovvero di coloro che ritardavano il pagamento anche di pochi giorni) per più di 5 anni, rendendo più difficoltosa la concessione di ulteriori prestiti persino nel caso in cui il cliente regolarizzava la sua posizione. Oggi invece la cancellazione può essere risolta in massimo tre anni. Ciò significa che siete ritenuti “colpevoli” di un ritardo nei pagamenti, la vostra posizione verrà automaticamente sanata dopo un periodo di “espiazione” con tanto di presenza nell’elenco dei cattivi pagatori.

POSSIBILE SOLO LA CESSIONE DEL QUINTO – Spieghiamo meglio di cosa si tratta. Come ci conferma Isicredit, l’iscrizione nel registro dei cattivi pagatori chiude automaticamente le porte a prestiti ed a forme di finanziamenti. Unico prodotto a salvarsi è il prestito legato ala cessione del quinto dello stipendio. Per essere cancellati è necessario rispettare le seguenti condizioni. Se si onorano le rate in ritardo (possono essere quelle di un mutuo o di un finanziamento) si viene automaticamente cancellati dopo 12 mesi dal pagamento del debito, a meno che non si tratti di una cifra che riguardi massimo due rate per un periodo non superiore a due mesi.

Foto Stock - Banche

I TEMPI – Le cose si complicano se le rate arretrate sono più di due o il ritardo nel pagamento supera i due mesi. In questo caso l’iscrizione resterà presente per due anni. Il limite massimo nell’iscrizione del registro dei cattivi pagatori è di 36 mesi nel caso di debiti insoluti. In quest’ultimo caso poi vengono cancellati tutti i dati inerenti a quel finanziamento e non solo la presenza nel registro dei cattivi pagatori. Sul tema cancellazione dalla centrale rischi la Crif vuole poi fornire alcune delucidazioni. Del resto quanti sono convinti del fatto che la “sparizione” del proprio nome da tutti gli elenchi possa essere una cosa positiva e che così si possono evitare rischi per il futuro?

CANCELLARSI, PERCHE’? – Probabilmente sarà così, ma a volte è buona cosa far vedere di essere stato un “buon pagatore”, anche perché in caso di necessità potrebbe servire. Sopratutto perché spesso viene proposta questa cancellazione previo congruo pagamento e secondo Crif se ne puo’ fare volentieri a meno. Se si vogliono cancellare i finanziamenti censiti nel sistema d’informazioni creditizie, questa può essere fatta direttamente dal Crif, ma a volte è buona cosa mantenerli perché così si aiuterebbero gli “investigatori” a capire che un eventuale debito è frutto di un incidente. Se poi invece si vuole avere una certezza relativa al proprio profilo creditizio questo può essere fatto previa richiesta di un contributo spese di 10 euro, qualora non vi sia alcuna informazione creditizia disponibile.

UN SEMPLICE MECCANISMO – A questo punto il dato è semplice. Se non si pagano i debiti si viene inclusi nel registro dei cattivi pagatori. Questo significa che per un massimo di 36 mesi non sarà possibile chiedere finanziamenti di alcun tipo, a meno che non si tratti della trattenuta del quinto dello stipendio, e va da sé che ci si rivolge solo ai detentori di busta paga o pensione. Gli altri invece devono assumersi le loro responsabilità ed andare incontro alla “penale”. Passati 60 giorni dalla scadenza del debito, questo viene reso pubblico (qualora non sia stato onorato) e da quel momento inizia la trafila che si concluderà nella peggiore delle ipotesi 36 mesi dopo.

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UN ERRORE MOLTO STRANO – A volte capita di assistere ad “incidenti” ritenuti molto comuni, come l’iscrizione al registro dei cattivi pagatori anche quando la persona non ha una linea di credito aperta perché “sono cose che possono succedere”. In questo caso però risulta strano che la persona venga “bollata” solo per via di un disguido. E se avesse dovuto fare richiesta di finanziamento per un qualsiasi motivo e si fosse sentita dire “no guardi lei è iscritto nel registro dei cattivi pagatori” cosa sarebbe successo? Crif ha mandato un preavviso ma certo poi non può consolare il fatto che la banca si sia preoccupata di risolvere le cose. E come abbiamo visto le conseguenze possono essere molto pesanti. Ancora di più quando non ci sono debiti da risolvere. Basta un fax ed un bollettino da 10 euro, certo, ma perché? (Immagini di repertorio)

Edit: da Maurizio riceviamo e pubblichiamo:

Gentile redazione,
ho avuto modo di leggere con attenzione l’articolo “L’Odissea del registro dei cattivi pagatori” pubblicato il 2 maggio su Giornalettissimo.com e, in veste di responsabile delle relazioni esterne di CRIF, al riguardo mi permetto di segnalarvi alcuni aspetti assolutamente cruciali nell’interesse dei vostri lettori.
Innanzi tutto è doveroso sottolineare come i Sistemi di Informazioni Creditizie non siano ‘black list’ finalizzate ad escludere dal circuito del credito i soggetti meno affidabili in quanto, al contrario, al proprio interno vengono censite informazioni (raccolte e contribuite direttamente dagli istituti di credito) principalmente riferite a buoni pagatori, tanto è vero che in Italia il 95% delle posizioni censite riguarda soggetti che rimborsano regolarmente i propri debiti.
Il ruolo dei SIC, piuttosto, è quello di facilitare, nella piena terzietà, una corretta allocazione del credito evitando da un lato una eccessiva esposizione finanziaria del consumatore (sovra indebitamento) e, dall’altro, una eccessiva assunzione di rischio da parte del soggetto creditore. La disponibilità della storia creditizia nei SIC, quindi, consente ai cittadini di qualificarsi agevolmente di fronte agli istituti di credito e di ottenere credito in tempi più rapidi e a condizioni più vantaggiose, senza dover obbligatoriamente fornire garanzie aggiuntive. In assenza di tale referenza creditizia, infatti, le uniche forme di tutela a disposizione di una banca piuttosto che di una società finanziaria, a fronte della concessione del credito, sarebbero infatti l’ipoteca sulla casa, il pegno su un bene o la garanzia prestata da terzi.
Inoltre, è importante sottolineare come nei SIC siano raccolti esclusivamente i dati sui finanziamenti richiesti per l’acquisto di un bene o di un immobile, per la propria attività professionale o ottenuti a titolo personale ed erogati a privati e imprese da banche e società finanziarie (quindi non informazioni su assegni, protesti o bollette delle utenze domestiche). Tali dati sono accessibili esclusivamente a due categorie di soggetti: gli enti finanziatori e i soggetti finanziati.
È anche rilevante rimarcare che i SIC non prendono alcuna decisione in merito all’erogazione di un prestito ma è ciascun singolo ente finanziatore ad operare autonomamente le valutazioni sull’erogazione di un finanziamento, sulla base delle proprie politiche di credito e in relazione alla propensione di assumere e gestire maggior o minor rischio di credito: per altro, la storia creditizia contenuta nei SIC è solo uno degli elementi presi in considerazione in fase di istruttoria e viene di solito valutata in relazione ad altri elementi quali il reddito, il patrimonio disponibile, la numerosità e l’entità degli altri finanziamenti in corso, ecc.
L’attività dei SIC è regolamentata in modo specifico e rigoroso da un Codice Deontologico emanato dall’Autorità Garante per la Privacy ed entrato in vigore il 1° Gennaio 2005, che determina anche le condizioni di accesso e di cancellazione delle informazioni contenute nei database.
Il presupposto per cui i dati di un cittadino che ottiene credito siano trasmessi ai SIC non è la presenza di incidenti di pagamento (come nel caso delle black list) ma il fatto che sia stato semplicemente richiesto o erogato credito e che il cittadino abbia preso visione dell’Informativa Privacy e rilasciato il proprio formale consenso affinché l’ente finanziatore possa trasmettere tali dati ai SIC. Le informazioni creditizie sono assolutamente standard e si riferiscono a finanziamenti non perfezionati (ad es. in richiesta, per evitare frodi o fenomeni di credit shopping, ma anche rinunciati o rifiutati) e perfezionati (accordati ed estinti).
Per i consumatori, l’accesso ai propri dati contenuti nel SIC è gratuito nella stragrande maggioranza dei casi. Come previsto dalla normativa vigente, è previsto un contributo spese solo qualora non vengano rilevati dati riferibili al consumatore stesso. Va però detto che, purtroppo, non è così raro che i consumatori cadano nella trappola loro tesa da sedicenti “consulenti” che millantano la capacità di “modificare i dati” o cancellare le informazioni negative presenti sui SIC a fronte del pagamento di cifre spesso iperboliche. I diritti dei consumatori sono assicurati dalle norme vigenti, e quindi andrebbe richiamata l’attenzione affinché i consumatori evitino di affidarsi a tali consulenti e si rivolgano direttamente agli enti finanziatori con cui hanno rapporti di credito per la risoluzione di ogni problema.
Augurandomi che queste informazioni possano essere di utilità per chiarire alcuni dei ‘falsi miti’ che circolano su un tema che, invece, presupporrebbe grande attenzione visti i rilevanti impatti economici e sociali per le famiglie, rimando alla apposita sezione di approfondimento sul sito CRIF http://www.crif.it/Consumatori/Pages/Consumatori.aspx
Cordialmente

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