#LostinSanremo: L’Alieno non capisce il festival. Ma si adegua
11/02/2015 di Boris Sollazzo
Sanremo è cominciato. C’è un entusiasmo insano qui, per questa rassegna. Poi li prendi a uno a uno questi “terrestri sanremisti” e riempiono di improperi questo carrozzone. No, non quello cantato da Emma e Arisa – temiamo che davanti alla tv ieri sera Renato Zero le abbia definite sorcine, ma per offenderle – ma il sostantivo con cui si indica il modo molto chic e snob di definire un programma televisivo troppo pachidermico e lungo. Insomma pur venendo da un altro pianeta, ho capito che Sanremo è come Silvio Berlusconi. Tutti lo temono, tutti lo prendono in giro, tutti si indignano al fatto che ci sia chi lo voti. A parole. Poi riempie le piazze, i giornali parlano di lui, il Nazareno ossessiona anche la casalinga di Voghera, tutti lo cercano e lo blandiscono. E vogliono passare la serata con lui.
Ieri a leggere i social – uno dei quali è pure impazzito – ne parlavano tutti, giurando di non vederlo da decenni. Chissà, forse erano di spalle con la tv accesa. Altri dicevano di vedere Ballarò, o di aver cambiato canale e di essere intenti a guardare un documentario sugli stercorari. Altri ancora dichiaravano la volontà di imitare la famiglia Anania nella sua attività preferita. Che a dispetto di quello che hanno detto, è evidente non sia la preghiera. Poi oggi, alle 10, ti trovi dei dati Auditel – sul mio pianeta, sia chiaro, non hanno capito ancora il metodo di calcolo dello share e ancora meno di come vengano scelte le famiglie che fanno da campione in questo rilevamento dati, molti giurano che anche Pagnoncelli abbia rinunciato a risolvere l’enigma – e scopri che un italiano su due, almeno di quelli con la tv accesa, vedeva Sanremo. E che sei su dieci sono corsi a vedere il bis di Felicità.
Che per dire l’alieno stava lì a lamentarsi, ma poi a “un bicchiere di vino con un panino” ha cominciato a dimenarsi, a cantare, muovere le braccia, applaudire. Sì perché fuori dall’Italia li amiamo tutti quei due. Mica solo a Mosca, caro Marco Rizzo. E’ lì che il nostro extraterrestre ha capito. Anzi, lo ha fatto la mattina dopo, leggendo, illuminato, lo status facebook della regina Roberta Maggio. Che capisce di apocalittici, integrati e schiavi catodici e (digitali) terrestri più di Umberto Eco.
Il segreto è la Nostalgia Canaglia.
Ricordi “i migliori anni”? Non solo la trasmissione, proprio quel periodo in cui limonavi fortissimo con la più bella del liceo (o almeno così la racconti tu a figli, nipoti, amici e mogli più esasperate di Romina Power). Vuoi tornarci, anche solo canticchiando melodie che allora sdegnosamente snobbavi, ascoltando progressive e indie rock (sempre per fare il figo con la più bella del liceo, per tua sfortuna fan di Toto Cotugno e addicted di Sanremo). Ricordi quando a Sanremo venivano le superstar? E allora chiamiamo un imitatore a far finta che siano ancora qui. “Tali e quali”. Ricordi il periodo in cui tu, autore televisivo, avevi uno straccio di idea? Sì, allora copia quelle che ti venivano allora, che funzionavano. Ed ecco il pubblico, tutto là, rassicurato da ciò che cambia per rimanere uguale (questa è del Gattopardo, mostro umanissimo che conosco perché ho uno smartphone da cui ho scaricato il libro di Tomasi di Lampedusa a 0,99 centesimi).
Capita anche a noi alieni. Nella mia astronave utilitaria, costruita da una casa automobilistica molto nota in Italia quando ancora non c’era il tentacolare Marchionne a far diventare quel veicolo un’imitazione di un pick-up, io ho ancora il mangiacassette. E dire che vengo da un pianeta evolutissimo. Oddio, non tanto se sente il bisogno di farmi partecipare a queste manifestazioni, a dirla tutta.
Perché Berlusconi è Berlusconi. Pardon, Sanremo è Sanremo. Scherzi a parte. Quante similitudini ci sono tra i due. Fatevelo dire da uno che viene da fuori. Molto fuori.
Quando Silvio racconta le barzellette non fa ridere. Così come quando lo fanno Carlo Conti, Alessandro Siani e i Boiler (che erano rotti, di sicuro: ogni battuta era come un secchio di acqua ghiacciata, un Ice Bucket Challenge. Ecco, vedete? Mi hanno contagiato).
Quando Silvio è politicamente scorretto non fa ridere. E così pure Siani. Quello è lo scandalo, non schernire un bimbo sovrappeso. Altrimenti dovete spiegarmi perché eravate tutti Charlie Hebdo fino a ieri, a difendere il sesso anale degli angeli e della Trinità, e ora vi scandalizzate per un pezzo di monologo che irride gli obesi. Quando Silvio cerca di vincere, fa di tutto. E lo fa male, ma piace. Come Sanremo. E si allea con Dio e il Diavolo, se possono aiutarlo. E il festival va dagli Anania alla Wurst senza passare dal via. E mentre Pulvirenti dice una cosa sacrosanta e bellissima e scomoda, Conti gli chiede se ha avuto paura. Domanda geniale. No, l’Ebola fa ridere, perché dovrebbe terrorizzarti. Una scena che assomiglia un po’ a Berlusconi che va a L’Aquila dopo il terremoto.
Ora voi sarete convinti che qui si critica Sua Emittenza e pure il festival. Eh, vi sbagliate di grosso. Qua si critica chi li segue, al massimo. E non perché lo fanno: noi siamo alieni, abbiamo un sistema politico perfetto basato su una divinità a forma di supplì e sulla magnanimità di una monarca meravigliosa e con un direttore che ama torturare chi viene da un’altra galassia mandandolo a fare reportage in posti bizzarri: di destra, sinistra, trash e radical chic ci interessa poco. E’ difficile per noi, menti semplici, capire come uno faccia a disprezzare ciò che poi avidamente consuma a grandi dosi. E di cui poi si vergogna. Neanche dopo, ma durante. Silvio, Carlo e tutti gli altri non si fanno problemi. Non hanno alcun pudore. Voi – anzi pure io, ormai sono contagiato – invece siamo lì, a farci belli in 140 caratteri o più, e a cantare “Ci sarà….”. Siamo tutti un po’ Romina, che guarda in cagnesco Al Bano, che dice e fa quello che gli pare. Che è insopportabile, eccessivo e pure un po’ irridente rispetto a una vita passata insieme. Tutti lì seduti dalla parte della ragione. Già. Ma poi Romina Power sul palco con lui a cantare ci va.