Mafia Capitale, Roma è pronta al processo

E poi, Salvatore Buzzi: il braccio sinistro. Il presidente della Cooperativa 29 Giugno, definito dagli esponenti del centrosinistra romano “quasi la Caritas”. Una storia insospettabile, presentata come il miglior esempio delle speranze di recupero degli arrestati: un sistema di cooperazione sociale gigantesco che arruolava in lavori socialmente utili detenuti e soggetti in situazioni di marginalità sociale e che aveva riferimenti e contatti con tutti i gangli dell’amministrazione comunale romana. Una “mucca”, per usare la frase divenuta famosa, che “andava cibata” prima di “mungerla”: fare favori, offrire utilità, posti di lavoro, assunzioni, raccomandazioni; il tutto per legare a sé politici, dirigenti, impiegati del Comune di Roma; alcuni di essi, nei casi più gravi, sostanzialmente a libro paga, gli altri comunque a disposizione, contattabili, circuibili, in grado di rispondere positivamente ad offerte e sollecitazioni. Salvatore Buzzi è al centro del ponte politico fra Mafia Capitale e la città, e nell’ordinanza che ne dispone il carcere si legge che di suo particolare interesse erano i “settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, dell’accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico”. Sono questi i due pilastri dell’inchiesta: quello economico-politico, che faceva capo a Buzzi, che individuava e coltivava gli amministratori e i politici che potevano essere utili agli interessi dell’organizzazione; e quello economico-criminale, con Massimo Carminati e i suoi camerati che individuano e reclutano gli imprenditori, mantengono i rapporti con le altre organizzazioni criminali della capitale, col mondo politico, istituzionale, finanziario, con le forze dell’ordine e i servizi segreti. 

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Insieme a questi grandi nomi, gli altri imputati, radicati in ogni ganglo della città, e legati a doppio filo con la politica romana: tutta la politica. Con la destra, arrivata al Campidoglio con Gianni Alemanno (anche per lui continuano le indagini per associazione mafiosa), il sodalizio criminale utilizza secondo i Pm direttamente il metodo dell’intimidazione mafiosa; sono legati alla stagione alemanniana Riccardo Mancini, presidente dell’Ente Eur, Franco Panzironi, ex presidente dell’Ama, Luca Gramazio, già in Campidoglio e poi in Regione, e Giordano Tredicine. Con la sinistra, tornata a Palazzo Senatorio con Ignazio Marino, testa di ponte è Salvatore Buzzi, che avrebbe preferito una nuova vittoria di Gianni Alemanno per gli affari, ma che afferma di poter vantare collegamenti radicati con esponenti del centrosinistra: basti fare il nome di Mirko Coratti, potentissimo ex presidente dell’Assemblea Capitolina, Andrea Tassone, presidente del Municipio Roma X Ostia (“quello è nostro, solo nostro, capito?”, diceva al telefono Salvatore Buzzi), e Daniele Ozzimo, già assessore alla Casa della prima giunta Marino, raggiunto da provvedimenti di custodia cautelare e che ha chiesto il rito abbreviato, fiducioso che negli atti della procura vi sia la prova della propria estraneità ai fatti.

Processo Mafia Capitale
Salvatore Buzzi
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