De Amicis Arbitro: Marchionne, basta con quel maglioncino oversize!
04/01/2016 di Dea Petronius
Questa mattina a Milano era rosso il cordoncino con cui suonare la campanella di inizio seduta. Erano rossi gli enormi drappi appesi come manifesti a Palazzo Mezzanotte. Era rosso il tappeto che conduceva all’ingresso e si srotolava tra le vetture esposte. Era rossa anche la cravatta di John Elkann e rosse, ma non belle come la sua, erano le cravatte di tutti quelli intorno a lui. Chi non aveva la cravatta Rossa ha optato comunque per un cappellino o, forse, per qualche gadget meno vistoso, ma pur sempre di parte. Dei gemelli a pugno di scimmia, una pochette, dei calzini. Perché la parte questa mattina a Milano era quella giusta, quella rossa del Rosso Ferrari. Che se andate a vedere è molto simile al rassicurante rosso Natale e trova sovrapposizioni generanti impercettibili differenze anche con il rosso tricolore.
Ma allora perché?…perché?!
Perché Sergio Marchionne, per l’ennesima volta, ha dovuto ostentare il suo maglione di cotone oversize? Forse che abbia pensato che vista la platea e la risonanza mediatica concessa all’evento, così facendo sarebbe riuscito a raggiungere anche gli ultimi ignari del suo principale credo? E cioè che se uno è una sorta di genio del suo tempo che si è fatto da solo, quando poi arriva in cima può sovvertire la prima regola che gli mi viene in mente (a caso), provando a cambiare lo stile formale nel suo tempo? Non so se questa sia la spiegazione giusta, ma so che ora però è arrivato il momento di dirglielo, di dirgli basta. Lo stile formale maschile è senza tempo e lo è proprio perché nel tempo ha subito un evoluzione che non è passata mai da colpi di mano o, come in questo caso, da colpi di testa. Lo stile formale maschile può essere stravolto, come ahimè spesso succede, da qualche gallo cedrone arrivato al successo, ai riflettori o addirittura a rappresentare le istituzioni per non si sa quale ragione, ma poi assorbe il colpo e si ri-erge impavido contro la degenerante e perenne esistenza di quelli che stile non ne hanno. Lo si può attaccare quindi, certo, ma non cambiare. E men che meno questo può avvenire per mzzo di un’informalità anch’essa posticcia e ripetitiva. Sono sicuro che i maglioni che Marchionne indossa non potremmo trovarli nel negozio sotto casa, ma è altresì sotto gli occhi di tutti che le maniche siano sempre troppo lunghe (la fossa per i gomiti cala sull’avambraccio) ed il collo con cucitura importante quasi da velista, richiami i girocolli comodi della Marina Yachting anni ’80.
Lungi da noi però voler dire al Presidente della Ferrari come vestirsi tutti i giorni. Abbiamo provato tutti il gusto domenicale della “tuta-tattica” felpata e se uno degli italiani più potenti del mondo ha piacere di stare così 24 ore su 24, nulla quaestio. Ma quella di oggi era una cerimonia, ancor prima di una festa, molto importante per la sua azienda. E lo era anche per il nostro Paese e per tutti noi. Un manager, ancorché italiano e ancorché abruzzese (patria l’Abruzzo di sarti antichi e noti in tutto il mondo), che quota in Borsa la Ferrari – alla presenza peraltro del Presidente del Consiglio – non può ignorare la sua duplice funzione, anche, di ambasciatore di stile italiano nel mondo. Ed indossando lo stesso maglione già esibito molte volte durante un giro di ricognizione in fabbrica o una colazione informale di lavoro, rischia di fare la figura di ambasciatore solo di se stesso e del suo stile informale e fuori luogo. Inimitato da sempre ed ammirato da mai.