Maria Concetta Riina: «Mio padre usciva normalmente per Palermo durante la latitanza»

10/12/2017 di Redazione

«Usciva normalmente, senza trucchi, senza maschere»: Maria Concetta Riina rivela che il capo dei capi, il ricercato numero uno d’Italia, per anni ha girato tranquillamente anche per Palermo. «Quando c’era bisogno uscivamo, per andare a fare la spesa, in farmacia», racconta in un’intervista a Le Iene, che andrà in onda questa sera su Italia 1.

Non solo le spese per Palermo, Maria Concetta Riina racconta di un’infanzia felice, con tanto di vacanze al mare e viaggi in auto, nonostante il padre fosse l’uomo più ricercato della Penisola: «Andavamo al mare. Stavamo una, due settimane». E i posti di blocco: «La verità? Neanche uno, mai. Li abbiamo visti però non ci fermavano. Nella vita siamo stati magari fortunati per 20 anni. Giravamo e non ci fermava mai nessuno».

MARIA CONCETTA RIINA RACCONTA LA LATITANZA DEL BOSS

Per quanto riguarda invece i continui spostamenti, Maria Concetta Riina racconta che il boss li spiegava ai figli con motivi di lavoro. «Non lo capivamo, magari eravamo pure piccoli”, rivela la primogenita del boss di Cosa Nostra, precisando però: «Non avevamo questa percezione di una cosa brutta, negativa, tipo che fossimo braccati. Non ci diceva ‘dobbiamo scappare’ di notte oppure ‘dobbiamo allontanarci perché siamo seguiti o siamo braccati’. No, lui ci diceva con calma ‘dobbiamo andarcene’. E così facevamo le valigie e ce ne andavamo».

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I figli sono cresciuti senza andare a scuola. «Era mia madre a farci da insegnante», spiega Maria Concetta Riina, che durante la latitanza – insieme a mamma e fratelli – è sempre stata accanto al padre. La famiglia era con il boss anche quando venne data la notizia della strage di Capaci. «L’abbiamo saputo dal tg. Eravamo tutti sul divano. Mio padre era normale – spiega a Le Iene – non era nè preoccupato nè felice. E non è vero, come hanno detto, che ha brindato con lo champagne».

MARIA CONCETTA RIINA: «MIO PADRE IN CERTE COSE NON C’ENTRA. NON HA FATTO TUTTO DA SOLO, ERA UN PARAFULMINE»

Nessuna presa di distanza dal capo dei capi, che – a sentir sua figlia – non sarebbe responsabile di tutto ciò di cui è stato accusato: «Ho le mie buone ragioni per pensare che mio padre in certe cose non c’entra. Non ha potuto fare tutto quello da solo. Il problema è che nel momento in cui lo dico vengo attaccata, perché mio padre ha fatto comodo a tante persone. Si è accollato tante cose che altrimenti avrebbero dovuto accollarsi altri. Era un parafulmine».

Per quanto riguarda il giudizio della figlia, Totò Riina «non è il mostro che vedete voi, che vede l’Italia intera». «È stato un buon padre», ripete, aggiungendo: «Non lo so se era uno stinco di santo, non lo devo giudicare io, sarà il Signore a giudicarlo. L’ha già giudicato del resto, morto il 17 novembre. Se non era uno stinco di santo sarà all’inferno, se lo era starà in paradiso. Non lo so dove sarà. Per me è stato un buon padre».

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