Il premier: Ignazio Marino salta, ma dopo il Giubileo

Matteo Renzi: Ignazio Marino salta alla fine del Giubileo. Ormai non si contano più le gaffes e gli scivoloni del primo cittadino della Capitale, il sindaco – chirurgo che sembra aver fatto irritare il Papa in persona; ma dalle parti di Matteo Renzi, rimane una certa serenità: i programmi non cambiano, il dossier Roma, si può dire, è sostanzialmente archiviato, il sindaco è commissariato da alcuni “gendarmi di eccezione” e l’Anno Santo della Misericordia è troppo vicino per muovere alcunché. I conti, spiegano da Palazzo Chigi, si faranno dopo.

MATTEO RENZI: IGNAZIO MARINO SALTA ALLA FINE DEL GIUBILEO

Su Repubblica Goffredo de Marchis riporta il tam tam dai palazzi del potere.

Ignazio Marino rimarrà a bagnomaria fino alla fine del 2016, quando calerà il sipario sul Giubileo della Misericordia. Puntellato dal prefetto di Roma Franco Gabrielli e dal nuovo Pd romano del commissario Matteo Orfini. «Poi anch’io lascerò l’incarico che scade esattamente tra un anno», dice il presidente del Partito democratico. A quel punto, il sindaco di Roma rimarrà solo e la legislatura comunale verrà interrotta con dodici mesi di anticipo. «A Roma si vota nel 2017 — ripete Matteo Renzi parlando con i suoi collaboratori — . Prima non possiamo fare niente, l’Anno santo è praticamente cominciato».

I renziani romani ormai rassegnati a convivere col sindaco, non commentano; a difendere Ignazio Marino solo il recentemente prorogato commissario romano Matteo Orfini che però sta mostrando un cambio di passo, sopratutto nelle parole e nei toni usati per sostenere il lavoro della giunta.

Muto Paolo Gentiloni, muto Roberto Giachetti. La pratica è affidata nelle sclusive mani di Orfini. E Orfini non si tira indietro. Non difende più il sindaco-chirurgo, considera l’intero lavoro per risollevare la città eterna sulle spalle del Pd capitolino. «Basta dichiarazioni, basta interviste, basta video — intima il commissario — . A cominciare dal sindaco. Dobbiamo lavorare con i fatti, in operoso silenzio ». Un anno di tempo per recuperare credibilità e prepararsi alla scadenza elettorale. Un anno per salvare il salvabile cambiando la Capitale e non facendo danni con il Giubileo. Tocca a Gabrielli e ai dem rappresentati nella giunta dall’assessore ai Trasporti Stefano Esposito, che prende fischi, va alle assemblee di pendolari infuriati e ci mette la faccia e al vicesindaco Marco Causi, vero referente del governo in Campidoglio. Marino è tra parentesi, in questo schema e con questa road map gli resta il titolo. Poco altro.

Anche perché, Papa o non Papa, Giubileo o non Giubileo, l’idea è mettere più terreno possibile fra il Partito Democratico di Roma e le inchieste di Mafia Capitale, con il processo che inizia a Rebibbia il prossimo 5 novembre.

LEGGI ANCHE: Ignazio Marino e Matteo Renzi ai ferri corti

Ora, a Roma, non si può votare, sopratutto perché nella prossima primavera c’è da vincere a Milano e a Napoli, e Roma non può essere certo d’intralcio.

I cattolici del Pd, ieri in Translantico, raccontavano di come li avesse colpiti quel passaggio della frase del Papa “si professa cattolico”. Diceva tutto della solenne arrabbiatura di Francesco. Ma i tempi del Giubileo, dicono altri parlamentari dem, servono a nascondere altre attese molto più vitali per il Pd e per Renzi. Occorre segnare una grandissima distanza, la maggiore possibile, tra l’inchiesta di Mafia Capitale che ha travolto anche il Pd e il prossimo turno elettorale. Far dimenticare il passato e provare a rilanciare il futuro. Non ingolfare la scadenza del 2016 dove Renzi gioca partite delicate già a Milano e Napoli. E riuscire a dare un segno di vita. «Noi ci proviamo — dice Orfini consapevole della sfida immane — domenica abbiamo chiuso 35 circoli democratici. Lo avevamo promesso e lo abbiamo fatto». Può reggere ancora un anno e mezzo la puntellatura di Marino? «A meno che non ne capiti un’altra, ce la può fare», dicono a Largo del Nazareno.

Anche perché, spiegano dal Pd, il sindaco-gaffeur sembra ormai indifendibile, ma qualcosa di buono in Campidoglio – è innegabile – l’ha fatto, e quindi è giusto che i risultati si inizino a vedere.

Se tutto va bene, potranno emergere nei mesi anche i risultati della basi gettate da Marino nel cambiare teste e mentalità del potere capitolino. Ma il disinteresse dei renziani di Roma dimostra che il premier vuole restare lontano dal sindaco e dal suo destino. Che si prepara anche a un nuovo scivolone o alla tempesta creata dallo stesso Marino se gli andasse troppo stretto il ruolo solo simbolico a cui lo condanna lo schema disegnato da Orfini. Anche il commissario si sente più isolato. «Ma c’è un solo per uscirne: lavorare. E qualche segnale positivo si vedrà presto».

Copertina: AnsaFoto

Share this article