E Matteo Renzi ora pensa a modifiche al Jobs Act
30/10/2014 di Tommaso Caldarelli
Matteo Renzi, dopo la giornata nera degli scontri in piazza Indipendenza fra sindacalisti e operai delle acciaierie di Terni, è deciso più che mai a far procedere con la massima velocità il corso parlamentare sia del Jobs Act, sia della Legge di Stabilità; la paura è che gli scontri di piazza nascondano il tentativo, da destra o da sinistra, di dare la spallata al Governo. Così, scrivono i giornali in edicola oggi, il governo si preparerebbe a concessioni “pesanti” sulla delega lavoro.
LE MODIFICHE AL JOBS ACT – Scrive Repubblica che Renzi ha in mente di “precisare le fattispecie dei licenziamenti disciplinari nella delega” e, sopratutto, “aumentare la dotazione per i nuovi ammortizzatori sociali” dentro la legge di Stabilità, ovvero andare incontro ad uno dei principali dubbi che le opposizioni alla delega Lavoro hanno finora sollevato. Il tentativo, chiaro, è quello di smorzare i toni e di depotenziare chi si oppone al nuovo corso renziano: l’idea è di “sterilizzare politicamente l’attacco” di chi vuole usare la situazione di crisi per destabilizzare il governo. “Non ci sto a passare per il capo di un governo che manganella gli operai”, ha detto ieri Renzi, secondo quanto riportato dal Messaggero: “Se qualcuno ha sbagliato dovrà pagare“. Ieri è stata una giornata frenetica per il capo del Governo: subito dopo lo scontro di piazza è stata inviata con la massima priorità il ministro Federica Guidi alla Camera per riferire al Parlamento; la titolare di Via Veneto si è detta “dispiaciuta, addolorata e pronta a prendere eventuali misure per un episodio che speriamo unico e irripetibili“.
IL DIALOGO CON SINDACATI E ALFANO – Il canale di comunicazione con i sindacati si è subito fatto intenso. Matteo Renzi ha parlato con Maurizio Landini, il sindacalista ha smentito ma il Governo ha ribadito, “pronto a mostrare i tabulati“: “Chiamata di Landini a Renzi, senza risposta, alle 16,25; risposta di Renzi tramite centralino alle 17,19; scambio di Sms alle 15,07, 16,35 e 18,41“. Il premier si sarebbe detto “dispiaciuto e pronto a colpire eventuali responsabili”; Renzi ha chiamato Alfano in una lunga telefonata definita “serena” in cui ha chiesto al ministro “un’analisi dettagliata dell’accaduto”. Graziano Delrio ha telefonato al leader della Fiom: “In poche ore il ministro dell’Interno fornirà la documentazione necessaria per ricostruire quanto è accaduto con la massima trasparenza”. La linea del Governo, a parole, è chiara: “Chi ha sbagliato pagherà, cadranno delle teste”. Ma da più fonti si tenta di dare una lettura politica, e in parte un po’ retroscenista, di quel che è accaduto nella piazza di ieri.
UNA MANINA? – Le scene di ieri hanno ridato fiato alle opposizioni al Pd, interne ed esterne. Stefano Fassina si è detto “indignato”, Susanna Camusso è corsa in ospedale dagli operai manganellati, le immagini di Maurizio Landini in prima fila contro la celere hanno fatto il giro dell’Italia. Un brutto biglietto da visita per il Governo, che però si chiede cosa ci sia dietro. Secondo il Messaggero nell’inner circle renziano si pensa “ad un’azione violenta della Polizia non casuale, ma frutto di un piano di Alfano per mettere in difficoltà il Pd e spostare a destra il governo”; per Repubblica invece è “Susanna Camusso che sta tentando di dare la spallata al governo“. Ma il fronte sindacale è sempre più diviso, con la Uil che si sfila dall’ipotesi di sciopero generale: “Sarebbe solo un tentativo di far cadere il governo che non riuscirebbe. E andrebbe quindi a finire male per noi“, dice Luigi Angeletti. Secondo Davide Zoggia, bersaniano, quel che sta accadendo non è casuale: “Alla Leopolda, Davide Serra, il finanziere vip amico di Renzi prende la parola e dice cose gravi e inaccettabili sul sindacato e sul diritto allo sciopero e poi, tre giorni dopo, che succede? Succede che gli operai abbassano la visiera del casco e caricano…“.