Sarri chieda scusa a tutti i democristiani

Premessa: Sarri ha sbagliato, il Napoli ha sbagliato. Il primo poteva pescare insulti più neutri, se proprio doveva insultare Mancini – che sembra fatto apposta per farti uscire fuori di testa – e poi, scelto quello più stupido e odioso, poteva ammettere, oltre che chiedere scusa. Poteva anticipare l’allenatore dell’Inter ai microfoni, dire a tutti che a quel “frocio, finocchio” lui non dava nessuna connotazione omofoba, che era mortificato ma quella trance agonistica che è condizione attenuante per tutti i giovani viziati e milionari a volte fa impazzire anche un maturo allenatore che ha lavorato in banca, ha viaggiato all’estero, ma è cresciuto in provincia e su campi in cui terra e insulti intossicano molti. E il Napoli poteva reagire con un tweet di De Laurentiis chiaro nel prendere posizione contro la caduta di stile, poi facendo un comunicato e chiudendola là.

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Detto questo, l’affaire Sarri è una bolla di sapone mediatica, una trappola, un esempio brillante di ipocrisia nazionale. Siamo il paese per cui è importante il politicamente corretto solo nelle parole. Alla Rai si scagliano contro il razzista Sarri – furbissimo, Mancini, a usare una parola che non c’entra nulla, ma studiata, come il resto della sua dichiarazione, per gettare più fango possibile sul collega – ma poi non hanno il coraggio di criticare una classe dirigente che non riesce a fare una legge decente sulle unioni civili. Ci scandalizziamo per le parole, noi, mai per i fatti. E, peraltro, lo facciamo a corrente alternata e iniquità di giudizio, non valutando che se problema c’è, non lo si valuta neanche sempre alla stessa maniera e soprattutto che se proprio si vuol cambiare la grammatica rozza di uno sport gretto, non si deve partire da Sarri ma molto prima.

La lite tra Maurzio Sarri e Roberto Mancini
Archivio Ansa. Credit: Rai

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Il calcio è uno sport dalla retorica prettamente maschilista. “Quella squadra ha un gioco maschio”. “Non è uno sport per signorine”. E non parliamo dell’iconografia del calciatore medio, ben fotografata dalla pagina Facebook Chiamarsi Bomber. Se la disciplina con la più bassa percentuale di coming out è questa, un motivo ci sarà. E sì, certo, va individuata anche nel fatto che l’allenatore della squadra prima in classifica pensa che “frocio” e “finocchio” sia un insulto.

E allora si punisca Sarri. Anche duramente. Anzi, sia la società a fermarlo, per uno o due mesi, con una decisione senza precedenti. Non è mai tardi per il pugno di ferro. Ma allora, poi, non ci si fermi a questo punto. Perché con la stessa coerenza, Tavecchio si dimetta dalla sua carica e l’Italia rinunci al Mondiale 2006. Già, perché Opti Pobà è meno grave? E dare della poco di buono alla sorella di un avversario non è vergognoso? Razzismo e maschilismo, come l’omofobia, o no? O negri e femmine – scusate la provocazione linguistica – valgono meno dei froci? Oppure Sarri conviene massacrarlo, ma Materazzi eroe di Germania e Tavecchio, eroe di alleanze di potere, possiamo giustificarli? E Mentana, basta tg: ha dato del Pulcinella a un napoletano (e sono stato il primo a stigmatizzarlo, ma non è che ho chiesto l’allontanamento del giornalista di La7 da tutti gli italici palinsesti). E Mancini, pure venga fermato. Perché dei cori contro i napoletani e degli striscioni, il nostro paladino dei diritti civili, ha detto che sono degli sfottò. Eh già, pazzesco vero? Uno stadio intero inneggia alla distruzione di una città e allo sterminio di massa di un popolo, ma alla fine è tutto parte del grande giuoco del calcio, un sano prendersi per i fondelli. Sarri ti dà dell’omosessuale, merita la radiazione.

E c’è da dire un’ultima cosa, per quanto scomoda e antipatica. Materazzi, a vedere il modo in cui si comporta per tutta la finale, la provocazione a Zidane se la prepara da 100 e più minuti. Tavecchio è in una conferenza stampa. Mentana in tv. I tifosi compongono cori e striscioni in ore, se non giorni. Tutti hanno pensato bene a cosa dire e poi se ne sono usciti con espressioni sessiste e razziste. Il toscano si vede negare un rigore, sente l’avversario lamentarsi per l’ennesima volta e sbotta. Non tiene l’adrenalina e dimostra, semplicemente, di non essere ancora all’altezza del palcoscenico (così come la società Napoli, che avrebbe dovuto organizzare subito una risposta adeguata). Ma reagisce, a caldo. Alzi la mano chi, tra gli sportivi agonistici che hanno affrontato discipline di squadra, non è esploso in espressioni deprecabili in situazioni di tensione durante un match. Anzi, qualcuno faccia coming out e ci racconti qualche scheletro nell’armadio di Mancini. In trent’anni e più, tra calcio giocato e poi in panchina, si sarà lasciato andare pure lui. E se l’omertà deve essere abbattuta, nel calcio, allora squalifichiamo chi si mette la mano davanti alla bocca e fuori tutta la verità su tutti gli insulti di ogni tesserato.

La verità è che tra le regole non scritte dello sport c’è anche il fatto che all’apice di uno sforzo fisico che ti toglie lucidità, ci si può lasciar andare e si affronta tutto a quattr’occhi. Zidane, che rovinò l’ultima partita della carriera con la sua testata, non parlò. Almeno finché non fu costretto da chi lo squalificò. E, cosa non poco importante, il buon Maurizio chiede subito scusa, dopo pochi minuti, al collega. E se anche fa una pessima figura con quel “non ricordo” che rammenta lo spettacolo avvilente dei giocatori juventini al processo doping, chiede scusa anche in diretta tv.

Lo fa, peraltro, con la battuta geniale “in quel frangente posso pure aver detto anche democristiano”. Ecco, Sarri, prima che Rotondi si rizeli, torni davanti ai microfoni e chieda scusa anche agli scudocrociati.

Photocredit copertina Maurizio Lagana/Getty Images

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